Le nuove generazioni – come i cosiddetti Millennial, o generazione Y (i nati tra l’inizio degli anni ’80 e la fine dei ’90) e la generazione Z (dei nati dalla fine degli anni ’90 fino ai primi del decennio 2010) – che rapporto hanno con la finanza, gli investimenti, l’educazione finanziaria, la consulenza specializzata in questo settore?
«Il clima di sfiducia nei confronti della finanza e dei Mercati, seguito alle varie crisi del recente passato, ha colpito soprattutto i Millennial e la generazione Z. Sono giovani accomunati da una certa paura – in alcuni casi anche indifferenza – per il proprio futuro finanziario e dal timore di non potere accumulare abbastanza valore per gli anni a venire», rileva Brunella Russo, docente di Diritto bancario e finanziario all’Università di Messina e autrice del libro L’educazione finanziaria nell’era delle tecnologie digitali, pubblicato da Giappichelli editore.
Il passaggio generazionale sta creando sempre più un sistema finanziario improntato a servizi di pagamento e investimento fortemente dematerializzati e disintermediati.
L’approccio alla finanza delle nuove generazioni
«Tutto ciò richiede buone conoscenze e capacità non solo digitali ma anche di finanza personale, e un altrettanto diffusa consapevolezza dei rischi connessi all’uso delle tecnologie. Il difficile, spesso deficitario, rapporto con l’educazione finanziaria non solo è un serio ostacolo verso gli investimenti, ma costituisce, anche per le generazioni a venire, un fattore di rischio e molto limitante. Un diffuso analfabetismo finanziario preclude scelte di investimento consapevoli».
Qual è la situazione a livello generale?
«Dai rapporti dell’OCSE in materia emerge il basso livello di bancarizzazione tra gli individui compresi nella fascia di età 15-24 anni a livello globale. Meno del 50% degli 1,2 miliardi di giovani nel mondo risultano avere rapporti con il sistema bancario, come un conto corrente, libretto di risparmio o una carta di pagamento. I soldi si muovono con canali virtuali, in tempo reale. I sistemi informatici permettono di monitorare gli indici di Borsa, effettuare pagamenti veloci e spostare somme di denaro. Le piattaforme di trading offrono libero accesso ai Mercati finanziari, anche con un veloce tocco sullo schermo dello smartphone. Le criptovalute vengono scambiate da migliaia di computer, che insieme compongono le varie Blockchain».
Tecnologie digitali e scelte importanti
Che influenza sta avendo l’uso massiccio delle tecnologie?
«Svariati studi illustrano come abbia radicalmente modificato non solo il modo di apprendere dei giovani di oggi, ma anche quello di pensare. I ragazzi del nuovo millennio sono più propensi a una conoscenza di tipo parallelo e non sequenziale, e riescono a svolgere più compiti contemporaneamente. Corrono tuttavia il rischio di un minore rendimento – in termini di efficienza e precisione – e di un aumento della loro possibilità di commettere errori».
Con quali effetti e conseguenze?
«Avendo costantemente a disposizione un’infinità d’informazioni, le nuove generazioni non hanno più bisogno di memorizzarle. Con effetti anche sulle loro capacità di concentrazione e riflessione. Sicché, il costante uso della tecnologia – nel mettere a disposizione contenuti multimediali veloci, immediati e a costo zero, rafforzando il trend del visual learning, con tutte le possibili conseguenze – avrebbe reso i giovani più superficiali e molto più facilmente distraibili. Per di più, sarebbero maggiormente inclini a fare un uso massiccio di Internet abbandonando quasi del tutto il cartaceo e la ricerca su testi scritti. E tutto ciò riguarda anche l’ambito finanziario».
Il rischio della poca o cattiva informazione
Qual è il quadro in cui le nuove generazioni si muovono e agiscono, nell’ambito della finanza e degli investimenti?
«Molti giovani pensano di sopperire alla scarsa alfabetizzazione finanziaria dando grande fiducia a social media e influencer, ritenendo peraltro il linguaggio utilizzato più familiare e più vicino alle loro specifiche esigenze d’investimento e d’acquisto. Ritengono che affidarsi ai contenuti pubblicati in rete e nel mondo digitale possa sostituire il bisogno di una più accurata informazione di base. Ma non considerano, o sottovalutano, il rischio di adottare decisioni d’investimento e di finanza personale scaturite da informazioni limitate, prive di parametri per valutare l’attendibilità della fonte e l’eventuale presenza di conflitti d’interesse da parte di chi le pubblica e diffonde».
Da tutto ciò emerge, ancora una volta, l’importanza fondamentale di un’adeguata e diffusa educazione finanziaria…
«I programmi di educazione finanziaria – e ce ne sono molti anche rivolti nello specifico ai giovani, ad esempio organizzati all’interno delle scuole –, possono e devono rafforzare le capacità decisionali delle persone, incentivandone la libertà e l’autonomia, contribuendo a una maggiore crescita e consapevolezza degli utenti dei servizi finanziari, responsabilizzandoli».
Cos’altro si può fare per arginare i rischi?
«È necessario rifocalizzarsi sull’educazione finanziaria come strumento d’inclusione finanziaria. Intesa in senso ampio, come obiettivo strategico. E che a sua volta è strumento di crescita, ripristino della fiducia nei sistemi bancari e finanziari, possibilità di accumulo di una adeguata ricchezza. Infine, è superamento delle disuguaglianze esistenti, che aumentano la vulnerabilità e la fragilità finanziaria delle giovani generazioni».
Le tendenze in atto e in prospettiva
In questo ambito, come interviene anche l’Unione Europea?
«Per integrare i temi della sostenibilità nelle politiche d’investimento, e per comprendere l’impatto ambientale delle attività economiche nelle quali una fascia sempre più consistente di popolazione investe o potrebbe investire, la Commissione Europea si è impegnata chiamando in causa direttamente il sistema finanziario in quanto motore dell’economia, con l’obiettivo di convogliare le energie verso uno sviluppo sempre più sostenibile e responsabile. Un coinvolgimento che riguarda ormai tutti i gestori di fondi di investimento, compresi i Private Equity Funds e gli Hedge Funds, i quali detengono in gestione almeno il 30% dei capitali SRI, ossia Socially Responsible Investing».
Quali sono le principali tendenze?
«Spesso si diffonde e afferma un modello di investimento responsabile ed etico. Soprattutto i Millennial – e tra loro quelli dotati di maggiori livelli di conoscenza finanziaria – scelgono spesso investimenti sostenibili e responsabili, con orizzonti di medio e lungo periodo. Possono effettuarli in singole società o attraverso fondi comuni d’investimento socialmente consapevole, o ancora fondi specializzati negoziati in Borsa, i fondi ETF».
Finanza etica e sostenibilità
Che peso ha la sostenibilità in queste considerazioni?
«L’idea di un’Europa più verde, oltre che digitale, porta a sensibilizzare l’attenzione dei nativi digitali verso prodotti eco-friendly e verso una dimensione locale degli acquisti online, provenienti da venditori più vicini e indipendenti. Questo rende più consapevoli e solidali le modalità d’impiego dei propri risparmi. L’attenzione per gli investimenti sostenibili – che aumenta la necessità di ricorrere a una consulenza efficace – è dettata dal bisogno di essere protagonisti delle trasformazioni in atto e contribuire alla protezione del clima e dell’ambiente. Il pragmatismo dei GenZ e dei Millennial verso l’investimento ESG porta spesso a richiedere al proprio gestore di fare engagement attivo con le società in portafoglio. Mentre una buona percentuale è anche consapevole del fatto che i comuni fondi indicizzati investono in società che potrebbero non riflettere i propri valori personali».
Che cosa s’intende per educazione finanziaria etica?
«È l’educazione finanziaria che si rivolge al cittadino, non al consumatore. Insegna a mettere al centro delle scelte le persone e l’ambiente. Educa all’uso di strumenti d’investimento sostenibili, quelli che più contribuiscono a un obiettivo ambientale – in termini di impiego corretto delle risorse – o sociale, in contrasto alla povertà e alle disuguaglianze. Ma soprattutto, aiuta a riconoscere i limiti della natura e dell’agire utilitaristico, anche nel mondo della finanza».
A chi chiedere assistenza e consigli?
Qual è il rapporto dei giovani con la consulenza?
«Pur essendo estremamente digitalizzati – basti solo pensare al modo in cui interagiscono sempre più frequentemente con il FinTech, utilizzando specifiche App di mobile banking per la gestione del denaro – molti giovani percepiscono la loro debolezza in termini di conoscenza e competenza. Sono interessati a ricevere consiglio, anche a pagamento, per le decisioni finanziarie da prendere. E questo nonostante la loro sovraesposizione ai media li condizioni molto e li fidelizzi ai brand più noti, traducendo le proprie esperienze di consumo in scelte d’investimento anche alternative. L’interazione umana rimane quindi un fattore di successo che permette di dare al supporto del consulente un valore decisamente positivo, sia nel corso della relazione sia nelle fasi negative del Mercato, quando si chiede di essere rassicurati».
E il loro approccio con Intelligenza artificiale e robo-advisor?
«Nella ricerca di una relazione trasparente, personalizzata e supportata dalla tecnologia, i giovani tendono ad apprezzare anche soluzioni ibride. Caratterizzate da un mix di consulenza umana, tecnologica e algoritmi, che riduce i costi, ma mantiene il contatto con i clienti. Un orientamento sul quale riflettere tenuto conto che, pur vivendo un’esistenza abilitata alla tecnologia e all’uso continuo dei Social media, ritengono spesso di preferire ancora l’ausilio di un consulente finanziario tradizionale, piuttosto che soltanto di algoritmi per pianificare il proprio avvenire».
Consulenza, professionisti e networking
Come si spiega?
«Il riconoscimento del valore dei consigli di pianificazione, da parte di molti giovani, si rafforza in presenza di un forte sentimento di paura e scetticismo nei confronti del ruolo esercitato dall’industria bancaria e del risparmio gestito e in rapporto a un approccio condizionato dal digitale. Ma soprattutto, trova giustificazione nell’avvertita esigenza di colmare quel divario informativo che solo il consulente, come persona fisica, può fornire per poter assumere comportamenti finanziari appropriati e sperimentare migliori risultati d’investimento».
Le nuove tecnologie non presentano però solo minacce e rischi, ma anche opportunità e vantaggi…
«Certamente. Nel giro di pochi anni, strumenti di Social media come piattaforme di Social networking, blog, microblog, siti di condivisione dei contenuti, realtà virtuale, hanno rivoluzionato anche il rapporto con il denaro dando l’opportunità di partecipare attivamente e di essere inclusi in questo tipo di attività. In questa direzione, va sviluppata una conoscenza adeguata di strumenti e opportunità, e il loro uso più attento e consapevole». ©️
Articolo tratto dal numero dell’1 gennaio 2025 de Il Bollettino. Abbonati!
📸 Credits: Canva
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