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Telenovela payback, quella del prossimo 22 maggio potrebbe essere l’ultima puntata. Quella decisiva.

In quella data, infatti, si terrà l’udienza pubblica tramite cui la Corte Costituzionale discuterà i ricorsi rimessi dal Tar, per la questione del pagamento del payback (il sistema di tassazione che obbliga le imprese a ripianare lo sforamento dei tetti di spesa da parte delle Regioni) da parte delle imprese fornitrici di dispositivi medici (garze, bende, camici, ferri chirurgici, ma anche valvole cardiache, protesi ortopediche, accessori per la radioterapia, dispositivi per dialisi e per il pronto soccorso).

In quella sede la Consulta dovrà esprimere il proprio parere in merito alla legittimità (o meno) del pagamento di 1,1 miliardi di euro, a fronte degli sforamenti di spesa per il quadriennio 2015-2018.

Per le piccole e medie imprese della sanità, pertanto, comincia il count-down, la tensione sale alle stelle e la decisione che la Corte Costituzionale dovrà assumere avrà sicuramente una portata storica per la tenuta del Sistema sanitario nazionale. Secondo le stime, l’esborso di oltre 1 miliardo di euro a carico delle imprese potrebbe mettere in ginocchio tutto il comparto.

In considerazione del fatto che, in caso di pronunciamento non positivo della Consulta, il payback potrà essere applicato anche per il quadriennio 2019-2022, con un ulteriore esborso per le imprese del settore, con conseguenze catastrofiche.

In Puglia, una determinazione del Dipartimento Salute della Regione Puglia quantificò gli oneri di ripiano per dispositivi medici medici dal 2015 al 2018 per circa 247 milioni di euro (quasi la metà del suo splafonamento): sono state notificate alle varie aziende le lettere delle Asl con le richieste di pagamento e alcune hanno pagato. Tra gli imprenditori c’è anche chi è stato chiamato a pagare oltre 7 milioni di euro.

Una storia complessa appesantita dagli oltre 1.800 ricorsi legali, qualche centinaia quelli delle imprese pugliesi, che sono stati presentati per difendere i livelli occupazionali, il know-how di anni di lavoro conquistato sul campo, gli investimenti programmati, la libertà d’impresa e di oltre 4mila aziende, che sono a rischio di sopravvivenza.

La sentenza del Tar Lazio del 24 novembre 2023, che ha valutato che la norma sul payback potrebbe contenere elementi di incostituzionalità, come peraltro affermato più volte dalle associazioni di categoria, ha accesso le speranze degli imprenditori della sanità. Ricordiamo che il payback è una norma, lasciata nei cassetti romani per tanti anni, rispolverata dal Governo Draghi nell’agosto 2022 per coprire i buchi di bilancio dello Stato, è stata fortemente contrastata dalle imprese del comparto sanità, perché, per ripianare gli sforamenti dei tetti di spesa degli anni 2025-2016-2017 e 2018, le stesse imprese sono state chiamate a pagare ingenti somme dopo aver partecipato a regolari gare di appalto e dopo aver consegnato beni alle Asl e agli ospedali.

Tra le associazioni che più di tutte hanno fatto sentire la voce nei palazzi romani ma anche ricorrendo al Tar Lazio, c’è sicuramente l’Aforp (Associazione Fornitori Ospedalieri regioni Puglia e Basilicata), la più antica d’Italia.

Grazia Guida, presidente dell’Associazione, sin dal primo momento con grande determinazione, insieme a tutti gli imprenditori associati, con protocolli d’intesa con altre regioni, ha condotto in prima linea l’importante battaglia.

«Siamo a pochissimi giorni dal giudizio che esprimerà la Corte Costituzionale. La tensione tra i nostri associati è alle stelle», ha commentato la presidente dell’Aforp.

«Il giudizio della Consulta potrà ridisegnare il futuro della piccola e media impresa della sanità. Noi siamo ottimisti perché da sempre abbiamo creduto nella dialettica istituzionale che è la strada maestra sulla quale sviluppare la democrazia con i suoi valori più veri e autentici, con la garanzia prevista dai livelli più articolati previsti dalla Carta Costituzionale. Non abbiamo mai smesso di operare, non abbiamo mai smesso di preoccuparci, sentiamo il peso delle aziende, delle famiglie, dei dipendenti consapevoli delle criticità, ci auguriamo che con l’alto senso dell’equità, le nostre imprese possano ritrovare serenità e voglia di intrapresa».

Intanto nei giorni scorsi, a rafforzare il vento di ottimismo, è arrivata l’ammissione dell’opinione amicus curiae (è l’intervento in giudizio di un soggetto terzo, non parte in causa, qualificato a fornire un parere per assistere la corte) presentata dallo studio legale Dentamaro (la prof. Marida Dentamaro) nell’interesse dell’Aforp nel giudizio pendente dinanzi alla Corte Costituzionale, avverso la normativa relativa al Payback dei dispositivi medici.

«Preciso che detta opinione (e la relativa ammissione) non equivale ad una costituzione in giudizio dell’Associazione – dichiara Grazia Guida – ma è finalizzata a portare all’attenzione della Corte un ulteriore contributo tecnico e conoscitivo, nell’ambito del giudizio pendente, con particolare riferimento alla situazione delle piccole e medie Imprese del settore. Non rimane, pertanto, che attendere l’esito del giudizio dinanzi alla Corte, confidando che anche l’apporto fornito dall’Aforp possa contribuire alla definitiva declaratoria di incostituzionalità del Payback».

E solo con la cancellazione del payback dei dispositivi medici si potranno far ripartire gli investimenti in sanità.



 

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