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Una coppia conclude un preliminare di vendita per un immobile da costruire e, quando il bene è ormai ultimato, esperisce l’azione di nullità per il mancato rilascio della garanzia fideiussoria, chiedendo la restituzione della caparra. Infatti, la disciplina di settore sugli immobili da costruire (art. 2 d.lgs. 122/2005) prevede che il costruttore debba rilasciare la fideiussione a pena di nullità, che può essere fatta valere solo dal contraente debole. Lo scopo della norma è tutelare il promissario acquirente nell’ipotesi di crisi del costruttore, al fine di garantirgli di poter riottenere le somme versate.

Orbene, il costruttore, chiamato in giudizio, precisa che, nel momento in cui la domanda giudiziale è stata esperita, l’immobile era ultimato e munito del certificato di agibilità. Pertanto, l’azione di nullità è stata utilizzata dai promissari acquirenti per perseguire uno scopo diverso da quello previsto dal legislatore, ponendo in essere un abuso del diritto.

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 8 febbraio 2023, n. 3817 (testo in calce), dopo un lungo e articolato iter delibativo, afferma che – di fronte ad un fabbricato ormai ultimato e in assenza di una situazione di insolvenza del promittente venditore – non vi sia motivo per sacrificare l’interesse del costruttore e quello della successiva circolazione immobiliare. Pertanto, vanno respinte le domande di nullità che, in realtà, nascondono un “recesso di pentimento”, «che in via edittale non è inglobato nella previsione normativa e il cui esercizio è palesemente lesivo della clausola di buona fede oggettiva».

Immobili 2022, A cura di Busani Angelo, Ed. IPSOA, 2022. Disciplina catastale, urbanistica, imposte su redditi, trasferimenti e patrimoniali, contrattazione su trasferimento proprietà, diritti reali, utilizzo immobile.
Scarica gratuitamente l’estratto

La vicenda

Due soggetti concludono un preliminare di compravendita per un immobile da costruire e versano la caparra confirmatoria. Successivamente, agiscono in via monitoria contro la società costruttrice, chiedendo il pagamento della somma di 50 mila euro a titolo di restituzione di quanto da loro versato. I ricorrenti denunciano la nullità del contratto preliminare avente ad oggetto un costruendo edificio per omessa consegna della fideiussione in violazione di quanto previsto dalla legge (art. 2 d. lgs. 122/2005).

La società costruttrice propone opposizione avverso il decreto ingiuntivo e chiede la revoca del provvedimento monitorio. Inoltre, in via riconvenzionale, domanda che sia accertato l’inadempimento dei promissari acquirenti – che non si sono presentati per concludere il contratto definitivo – e sia dichiarata la legittimità del recesso, con il conseguente diritto ad incassare la somma versata a titolo di caparra confirmatoria.

In primo grado e in secondo grado, il tribunale rigetta l’opposizione e conferma il decreto ingiuntivo opposto, disattendendo la domanda riconvenzionale svolta dalla società ingiunta.

Si giunge così in Cassazione.

Premessa: la tutela degli acquirenti di immobili da costruire

Il d.lgs. 122/2005 reca la “Tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili da costruire”.

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La normativa è volta a tutelare l’acquirente di un immobile in costruzione, onde evitare che questi, una volta stipulato il contratto preliminare di vendita e dopo aver erogato al costruttore la caparra, perda sia l’importo versato che l’abitazione promessa. Il promissario acquirente, infatti, si trova in una situazione di debolezza rispetto all’altro contraente. Ad esempio, non è sempre facile reperire informazioni sull’affidabilità della controparte, valutare i possibili rischi e comprendere le spese dell’affare. Nella maggior parte dei casi, l’imprenditore finanzia la costruzione dell’immobile con gli acconti anticipati dal cliente e, in caso di insolvenza, quest’ultimo rischia di ritrovarsi senza casa e a non poter riottenere quanto versato.

Per questa ragione, il legislatore ha previsto un meccanismo di tutela per il contraente debole, introducendo l’obbligo, in capo al costruttore, di procurare il rilascio e di consegnare all’acquirente una fideiussione di importo corrispondente alle somme versate. Il suddetto obbligo è a pena di nullità del contratto che può essere fatta valere unicamente dall’acquirente. Trattasi di una nullità relativa, ossia di una nullità che può essere sollevata solo dalla parte nel cui interesse è predisposta. Il rilascio e la consegna della polizza fideiussoria devono avvenire anteriormente o contestualmente alla stipula del contratto preliminare (o altra tipologia negoziale rientrante nell’ambito applicativo del decreto). Si precisa che la norma riguarda le sole ipotesi di costruzione e non di “ristrutturazione minore”, ossia senza demolizioni, ricostruzioni, senza alterazione della volumetria e simili, giacché, in tal caso, non si può «ritenere che venga realizzato un immobile nuovo e diverso rispetto a quello preesistente» (Cass. Ord. 17812/2020).

L’art. 2 d. lgs. cit. – che viene qui in rilievo – non ha subito modifiche nel corso del tempo, mentre altre parti della disciplina sono state oggetto di intervento da parte del Codice della Crisi di Impresa, come le modalità di escussione della fideiussione, indicate nell’art. 3 d. lgs. cit. il quale ha subito diverse modifiche.

Ciò premesso, veniamo al decisum.

Le difese del costruttore: no nullità, se immobile è ultimato

La società costruttrice lamenta che la sentenza gravata abbia ritenuto operante la nullità prevista per il mancato rilascio della garanzia fideiussoria (art. 2 d. lgs. 122/2005) sino al trasferimento definitivo della proprietà immobiliare e non sino all’ultimazione dei lavori con il rilascio del certificato di agibilità. In particolare, nel caso di specie, i fatti si sono svolti come segue:

  • nel marzo del 2011, è stato rilasciato il permesso di costruire,
  • nel febbraio del 2013, l’immobile è stato ultimato,
  • nel marzo del 2013, è stata richiesta l’agibilità,
  • nell’aprile del 2013, i promissari acquirenti hanno eccepito la nullità,
  • a fine aprile del 2013, è stata ottenuta l’agibilità,
  • nel giugno 2013, i promissari acquirenti hanno proposto la domanda monitoria.

Pertanto, nel momento in cui i promissari acquirenti hanno agito in giudizio, l’immobile oggetto del contratto preliminare era stato ultimato e aveva ottenuto il certificato di agibilità. Inoltre, i promissari acquirenti non si sono presentati dinnanzi al notaio per la conclusione del contratto definitivo, nonostante l’invito del promittente venditrice.

La società costruttrice sottolinea come la ratio della nullità di protezione consista nel garantire all’acquirente la restituzione delle somme versate, nel caso in cui il costruttore incorra in una situazione di crisi. I promissari acquirenti, invece, hanno esperito l’azione di nullità in violazione del principio di buona fede oggettiva, al fine di liberarsi del vincolo contrattuale e ottenere la ripetizione di quanto versato. Infatti, l’immobile era ultimato e il costruttore non versava in uno stato di crisi.

La Suprema Corte considera fondate le doglianze.

Immobili da costruire e sulla carta: la posizione della Consulta

Gli ermellini precisano che la garanzia fideiussoria (ex art. 2 d. lgs. 122/2005) trovi applicazione in caso di conclusione di un contratto preliminare di compravendita di un immobile da costruire – come nell’ipotesi in commento – ma non in relazione alla promessa di vendita sulla carta.

Qual è la differenza?

La legge (art. 1 lett. d) d. lgs. 122/2005) specifica che gli immobili da costruire sono immobili:

  • per cui sia stato chiesto il permesso di costruire,
  • e che siano ancora da edificare, o la cui costruzione non risulti ultimata, tanto da non consentire ancora il rilascio del certificato di agibilità.

Invece, gli immobili sulla carta sono quelli per cui il contratto preliminare sia stato concluso prima della richiesta del permesso di costruire.

Per i primi, l’acquirente ripone affidamento nell’avvenuto rilascio del permesso di costruire e il legislatore lo tutela con l’obbligo della garanzia fideiussoria in capo al costruttore (e le altre tutele previste dal d. lgs. cit.). Mentre, l’acquisto di un immobile su carta è un’operazione economicamente più rischiosa e la tutela di cui gode il promissario acquirente è solo quella codicistica (art. 1472 c. 2 c.c.).

La distinzione tra le due tipologie di immobili, con la conseguente diversa disciplina, non è stata “toccata” dall’intervento della Corte Costituzionale. La Consulta, infatti, ha ritenuto non fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata con riferimento al principio di uguaglianza in relazione alla succitata definizione di immobili da costruire, da cui risultano esclusi gli immobili sulla carta (all’art. 1 lett. d.) d. lgs. 122/2005). Per i giudici costituzionali, rientra «nella discrezionalità del legislatore perimetrare l’apparato delle garanzie in esame riferendole alla compravendita di immobili la cui futura costruzione già si collochi nell’alveo del rispetto della normativa urbanistica, per essere stato almeno richiesto il permesso di costruire» (C. Cost. 32/2018; Cass. 5749/2011).

Per completezza espositiva, si segnala che la Corte Costituzionale è giunta a conclusioni opposte in relazione alla norma sul diritto di prelazione del promissario acquirente (art. 9 c. 1 d. lgs. 122/2005), dichiarando l’illegittimità costituzionale della disposizione nella parte in cui non prevede il diritto di prelazione anche per i preliminari di vendita di immobili “sulla carta”, ove il costruttore versi in una situazione di crisi che determini la sottoposizione ad esecuzione forzata dell’immobile oggetto del contratto (C. Cost. 43/2022).

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Nullità: occorre considerare lo scopo perseguito dalla norma

La nullità contemplata dalla legge in caso di omesso rilascio della garanzia fideiussoria, anteriormente o contestualmente alla stipula del contratto preliminare (o altra tipologia negoziale rientrante nell’ambito applicativo del decreto), è una nullità cosiddetta di protezione. È volta a tutelare il contraente debole, ossia la persona fisica che rivesta la qualità di promissario acquirente, nel caso di un’eventuale insolvenza del costruttore.

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La situazione di crisi a cui fa riferimento la disciplina in oggetto (art. 1 lett. c) d. lgs. 122/2005) postula che il costruttore sia sottoposto (o sia stato) ad esecuzione immobiliare, in relazione all’immobile oggetto del contratto, ovvero a fallimento, amministrazione straordinaria, concordato preventivo, liquidazione coatta amministrativa. Nessuna di queste situazioni si è verificata nel caso oggetto di scrutinio. Eppure, secondo la sentenza gravata, la garanzia di restituzione di quanto versato dal promissario permane sino al trasferimento della proprietà, a pena di nullità1.

I giudici di legittimità, in un precedente (Cass. 30555/2019), hanno ritenuto che non possa essere accolta la domanda di nullità del contratto preliminare – proposta dal promissario acquirente – allorché la garanzia fideiussoria sia stata rilasciata posteriormente alla stipula del preliminare e qualora non si sia manifestata alcuna forma di insolvenza del promittente venditore o l’interesse del promissario acquirente risulti altrimenti pregiudicato. La fattispecie succitata diverge da quella oggetto di scrutinio, in quanto la garanzia fideiussoria, sebbene ex post, risulta comunque consegnata, ma la pronuncia è rilevante in quanto sottende un principio più ampio. Per i giudici, è necessario effettuare una comparazione tra lo strumento accordato dal legislatore (la nullità di protezione) e lo scopo a cui esso è preposto (la tutela del promissario acquirente contro l’insolvenza del costruttore).

Pertanto, se l’azione di nullità è esercitata quando l’interesse protetto dalla norma non sia esposto ad un possibile pregiudizio, essa non risulta più funzionale allo scopo perseguito dalla legge. Al contrario, esperire una simile azione persegue un diverso obiettivo, come sciogliere un contratto che il contraente non reputa più conveniente oppure aggirare gli strumenti che l’ordinamento prevede contro condotte di inadempimento.

La necessità della garanzia fideiussoria viene meno quando la costruzione è ultimata

Secondo gli ermellini, non rileva il momento in cui si determina l’effetto traslativo, ma il momento in cui l’opera è ultimata, in quanto «la normativa di settore non è indirizzata ad assicurare la solvenza del promittente alienante in termini avulsi dal contesto in cui la promessa si è perfezionata». La ratio della maggior tutela a favore dell’acquirente risiede nel fatto che il preliminare abbia ad oggetto un immobile in costruzione sul quale, in caso di insolvenza, non sia esperibile l’esecuzione in forma specifica. La garanzia fideiussoria, quindi, serve per garantire al promissario acquirente la restituzione delle somme versate nell’ipotesi in cui l’opera non venga portata a compimento per una situazione di crisi del costruttore e non si possa giungere al trasferimento della proprietà.

La necessità di prestare la garanzia fideiussoria viene meno nel momento in cui la costruzione sia ultimata. In tale circostanza, infatti, qualora si verifichi l’insolvenza del costruttore, il promissario acquirente può perfezionare l’acquisto stante la preventiva trascrizione del preliminare2. Pertanto, allorché l’immobile oggetto del preliminare sia venuto ad esistenza, il promissario acquirente si trova nella stessa situazione di un altro promissario acquirente che abbia stipulato, sin dal principio, una promessa di vendita di un immobile già realizzato. In buona sostanza, una volta che l’immobile sia stato completato, il contraente debole non è più in pericolo e viene meno la speciale tutela che gli è stata accordata.

Fideiussione rilasciata dopo il preliminare: sì alla nullità, se collegata all’insolvenza del costruttore

Sinora abbiamo parlato del mancato rilascio della garanzia fideiussoria e abbiamo visto che la legge ne postula la consegna anteriormente o contestualmente alla conclusione del contratto.

Cosa accade se questa viene fornita dopo la conclusione del preliminare?

Il rilascio della garanzia fideiussoria successivamente alla stipula del contratto preliminare avente ad oggetto un immobile da costruire non esclude l’operatività della nullità, qualora, prima dell’ultimazione dell’opera, si sia verificata l’insolvenza del costruttore o l’interesse del promissario acquirente risulti pregiudicato altrimenti. In tali circostanze, esperire l’azione di nullità del contratto per violazione dell’art. 2 d. lgs. 122/2005 non costituisce abuso del diritto (Cass. Ord. 19510/2020).

Nel caso in cui il promittente alienante abbia subito la trascrizione di un pignoramento immobiliare, risultante quando i lavori sono stati completati, il promissario acquirente conserva interesse alla declaratoria di nullità del contratto preliminare di vendita (Cass. 21966/2022).

Secondo gli ermellini:

  • «laddove la nullità di protezione sia fatta valere dopo l’ultimazione dei lavori, senza alcun collegamento con una condizione di insolvenza del promittente alienante (la quale non sia stata integrata sino a tale momento), non sussistono più le ragioni che hanno giustificato la previsione»

Carenza di interesse ad agire del promissario acquirente

Nel caso di specie, i promissari acquirenti hanno esperito l’azione di nullità del contratto preliminare di vendita dell’immobile da costruire, quando il bene era già stato ultimato e non v’era alcun pericolo di insolvenza da parte della società costruttrice. Anzi, quest’ultima aveva invitato le controparti alla conclusione del contratto definitivo. L’esercizio dell’azione di nullità, quindi, non è funzionale allo scopo a cui è diretta, ma persegue un diverso obiettivo, ossia lo scioglimento dal vincolo contrattuale. Pertanto, manca un interesse meritevole di tutela che legittimi i promissari acquirenti ad invocare l’invalidità del contratto3. Secondo gli ermellini «avendo riguardo, non già, astrattamente, al momento in cui è stato posto in essere l’atto che si assume nullo, bensì al momento in cui è stata proposta la domanda di nullità, l’esercizio dell’azione si configura quale ipotesi di utilizzo distorto del diritto assegnato dalla norma istitutiva della nullità di protezione».

Pertanto, allorché non ricorra un concreto rischio di pregiudizio della sfera giuridica e patrimoniale del promissario acquirente, l’esercizio dell’azione di nullità è impedito dalla mancanza di interesse ad agire del promissario acquirente ex art. 100 c.p.c. in combinato disposto con l’art. 1421 c.c.

Nel caso in cui la garanzia fideiussoria non venga mai rilasciata, l’azione di nullità può essere esperita solo nel caso di perdurante pregiudizio in capo al promissario acquirente. Gli ermellini ribadiscono che le modalità di esercizio della nullità di protezione devono avere come scopo quello per il quale la protezione è prevista; in caso contrario viene leso il canone di buona fede oggettiva (Cass. 20106/2009; Cass. SS.UU. 23726/2007).

Conclusioni: il principio di diritto

La Suprema Corte cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d’appello che, in diversa composizione, deciderà uniformandosi al seguente principio di diritto:

  • «La domanda di nullità del contratto preliminare di vendita di immobili da costruire, per mancato rilascio della garanzia fideiussoria del D.Lgs. n. 122 del 2005, ex art. 2, non può essere accolta, per violazione della clausola di buona fede oggettiva e per carenza di interesse ad agire, allorché essa sia proposta dopo l’ultimazione dei lavori e senza che nelle more si sia manifestata l’insolvenza del promittente venditore ovvero che risulti altrimenti pregiudicato l’interesse del promissario acquirente, alla cui tutela è preposta la nullità di protezione prevista dalla norma in esame».

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[1] La forma di invalidità prevista dalla legge è una nullità strutturale, implicante un vizio genetico del preliminare, anche se ha ad oggetto la mancata prestazione di una garanzia funzionale all’adempimento. Si realizza così una commistione tra regole di comportamento e regole di validità. A tal proposito, la dottrina richiama le categorie della nullità pendente o della nullità sospesa da inadempimento.

[2] «[…] lo stato di insolvenza del promittente venditore, che sopravvenga a tale ultimazione, consente comunque al promissario acquirente di poter perfezionare l’acquisto, in ragione della previa trascrizione del preliminare (fatta salva la facoltà di scioglimento del curatore ai sensi della L. Fall., art. 72, vigente ratione temporis, sempre che non si tratti di immobile destinato ad uso abitativo del promissario acquirente, scioglimento che diventa automatico allorché l’escussione della garanzia fideiussoria sia comunicata al curatore prima che questi abbia optato per l’esecuzione ovvero per lo scioglimento, ai sensi della L. Fall., art. 72-bis, vigente ratione temporis; l’attuale disciplina segue, per ciò che qui interessa, principi sostanzialmente analoghi, fatto salvo il più ampio ventaglio di ipotesi che preclude all’organo della procedura di sciogliersi dal preliminare, ai sensi degli artt. 173 e 174 cod. crisi d’impresa)».

[3] «[…] a conclusioni analoghe giunge, seppure a titolo di mero obiter dictum, per un identico caso, la già citata Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 17812 del 26/08/2020; così anche Cass. Sez. 2, Sentenza n. 24535 del 01/12/2016, con riferimento all’irrogazione di sanzioni disciplinari a carico dei notai che violino il divieto di stipula di cui al D.Lgs. n. 122 del 2005, art. 8».




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