ln questa interessante guida troverai tutto ciò che devi sapere sugli interessi legali: quando sono dovuti, da quando decorrono, come si calcolano, a cosa servono, chi stabilisce il tasso d’interesse.
1. Cosa sono gli interessi in generale
Alle obbligazioni pecuniarie, ossia alle obbligazioni che hanno come oggetto una somma di denaro, è connessa un’obbligazione accessoria, consistente nel pagamento degli interessi. Quindi, gli interessi rappresentano un’obbligazione accessoria rispetto ad un’obbligazione principale.
Cosa significa?
Semplicemente, se la prestazione principale viene meno, automaticamente non è dovuta neppure quella accessoria.
Tutti gli interessi presentano le seguenti caratteristiche:
- pecuniarietà, ossia hanno ad oggetto una somma di denaro,
- accessorietà rispetto ad un’obbligazione principale,
- periodicità, poiché solitamente vanno corrisposti a cadenze prefissate,
- percentualità, sono misurati in un determinato tasso percentuale (saggio).
Gli interessi possono classificarsi diversamente a seconda della fonte o della funzione svolta.
Distinzione degli interessi in base alla fonte:
- interessi convenzionali o negoziali, ossia interessi la cui determinazione è pattuita concordemente dalle parti, creditore e debitore, relativamente all’obbligazione principale (si pensi agli interessi concordati per una somma concessa a titolo di mutuo);
- interessi legali, ossia riconosciuti e stabiliti dalla legge; l’ipotesi più rilevante è quella prevista dall’art. 1282 c.c., secondo cui i crediti liquidi ed esigibili producono interessi di pieno diritto,
- interessi usuali, ossia che trovano la propria fonte negli usi; ad esempio, l’art. 1825 c.c. richiama gli usi nella determinazione degli interessi sulle rimesse in conto corrente (C. M. BIANCA, Diritto Civile. L’obbligazione, 4, Milano, Giuffrè, 1993, 177, nota 12)
Distinzione degli interessi in base alla funzione:
- interessi corrispettivi (art. 820 c.c., art. 1282 c. 1 c.c.) sono dovuti a titolo di remunerazione (funzione remunerativa), in cambio del vantaggio che il debitore consegue grazie alla disponibilità del denaro altrui. In altre parole, il fatto che al debitore sia data la possibilità di servirsi di un capitale viene remunerato tramite la corresponsione degli interessi. Gli interessi corrispettivi sono prodotti da somme liquide ed esigibili, a prescindere dalla morosità;
- interessi compensativi si producono sulle somme dovute a titolo di risarcimento del danno, quindi, sono il corrispettivo per il mancato tempestivo ottenimento della prestazione, a prescindere dalla liquidità o esigibilità del credito (Cass. 10884/2007), la loro funzione è equitativa; un altro caso è quello dettato in materia di vendita, ove è stabilito che, qualora la cosa venduta e consegnata al compratore produca frutti o altri proventi, decorrono gli interessi sul prezzo, anche se questo non è ancora esigibile (art. 1499 c.c.);
- interessi moratori sono dovuti dal debitore, anche se non pattuiti, in caso di ritardo nel pagamento di un’obbligazione pecuniaria (art. 1224 c.c.); rappresentano una sorta di ristoro per il ritardo (la mora) con cui il creditore riceve il pagamento (funzione risarcitoria). Un particolare tipo di interessi moratori è rappresentato dagli interessi commerciali di cui al d. lgs. 231/2002 (vedasi paragrafo 15).
Di seguito, uno schema riepilogativo:
Classificazione |
Norma |
Funzione |
Saggio d’interesse |
Interessi corrispettivi (di pieno diritto) |
Art. 1282 c.c. Art. 1284 c.c. |
Funzione remuneratoria
Rappresentano il costo del denaro – sono prodotti da crediti liquidi ed esigibili |
Tasso legale, se non è diversamente convenuto tra le parti |
Interessi compensativi |
Art. 1499 c.c. |
Funzione equitativa
Compensano il ritardato pagamento del risarcimento del danno. Prescindono dalla liquidità ed esigibilità del credito |
Tasso legale
Modalità di calcolo: Cass. S.U. 1712/1995 |
Interessi moratori |
Art. 1224 c.c. D. lgs. 231/2002 |
Funzione risarcitoria
Rappresentano un risarcimento forfettario per il ritardato pagamento |
Tasso legale, se non è diversamente convenuto tra le parti
Tasso per le transazioni commerciali ex d. lgs. 231/2002 |
Nella presente disamina ci si soffermerà sull’analisi dei soli interessi legali.
2. Che cosa sono gli interessi legali?
In termini semplicistici, si può dire che gli interessi rappresentano il costo del denaro.
Il denaro, infatti, è un bene fruttifero e gli interessi sono i frutti civili prodotti dallo stesso (art. 820 c. 3 c.c.). Si contrappongono ai frutti naturali che provengono direttamente del bene (si pensi ai prodotti agricoli) e la legge li definisce come i frutti che si traggono come corrispettivo dal godimento del denaro.
Sono legali gli interessi che trovano la propria fonte nella legge, ossia:
- sono riconosciuti per legge (art. 1282 c. 1 c.c.),
- sono determinati per legge (art. 1284 c.c.), infatti, il tasso di interessi (il cosiddetto “saggio”) viene definito, ogni anno, con decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, sulla base del rendimento medio annuo lordo dei titoli di Stato di durata non superiore ai dodici mesi, tenuto conto del tasso di inflazione che è stato registrato nel corso dell’anno.
Come abbiamo visto, gli interessi riguardano le obbligazioni pecuniarie, in relazione alle quali la legge dispone che i crediti liquidi ed esigibili di somme di denaro producono interessi di pieno diritto, salvo che la legge o il titolo stabiliscano diversamente (art. 1282 c.c.).
Visto che gli interessi possono essere di vario tipo, un esempio aiuterà a comprendere meglio.
ESEMPIO
Un soggetto in difficoltà chiede una somma in prestito ad un amico, concludendo un contratto di mutuo. Il conoscente concede la somma e ne ricava come corrispettivo gli interessi (art. 1815 c.c.), trattasi degli interessi corrispettivi o di pieno diritto. Il saggio, ossia la percentuale, degli interessi può essere quello stabilito dalla legge (tasso legale) ovvero quello stabilito tra le parti (tasso convenzionale), purché non superi la soglia degli interessi usurari e risulti per iscritto. Nel contratto di mutuo può essere convenuto che il mutuatario (ossia il soggetto che ha chiesto il prestito) debba al mutuante (l’amico che ha prestato il denaro) gli interessi sugli interessi scaduti (il cosiddetto anatocismo). In caso di ritardato pagamento da parte del mutuatario, il mutuante ha diritto, dal giorno della mora, alla corresponsione degli interessi moratori, ossia degli interessi dovuti alla mora (ritardo), i quali non vanno confusi con gli interessi corrispettivi, che spettano al mutuante come controprestazione per aver concesso la somma a mutuo.
Riassumendo:
- sull’importo mutuato (il capitale), il mutuatario paga gli interessi, che sono il corrispettivo spettante all’amico per aver concesso la somma in prestito (interessi corrispettivi),
- i suddetti interessi possono essere al tasso legale (stabilito per legge) o convenzionale (deciso tra le parti);
- sugli interessi scaduti – se previsto nel contratto – si pagano altri interessi, i cosiddetti interessi sugli interessi (interessi anatocistici – vedasi paragrafo 10),
- se il mutuatario tarda nel pagamento delle rate, deve corrispondere gli interessi moratori, ossia sul ritardo (vedasi paragrafo 15).
Gli interessi corrispettivi cessano di essere dovuti con la mora, sostituiti da quelli moratori, salvo diversa convenzione tra le parti (F. GAZZONI, Manuale di diritto privato, XV ed., Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2011, 607).
3. Interessi legali: la normativa di riferimento
Nel Codice civile e nella normativa speciale si fa spesso riferimento agli interessi legali. La norma più importante è l’art. 1284 c.c. che così dispone:
- Il saggio degli interessi legali è determinato in misura pari al 5% in ragione d’anno. Il Ministro del tesoro, con proprio decreto pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana non oltre il 15 dicembre dell’anno precedente a quello cui il saggio si riferisce, può modificarne annualmente la misura, sulla base del rendimento medio annuo lordo dei titoli di Stato di durata non superiore a dodici mesi e tenuto conto del tasso di inflazione registrato nell’anno. Qualora entro il 15 dicembre non sia fissata una nuova misura del saggio, questo rimane invariato per l’anno successivo.
- Allo stesso saggio si computano gli interessi convenzionali, se le parti non ne hanno determinato la misura.
- Gli interessi superiori alla misura legale devono essere determinati per iscritto; altrimenti sono dovuti nella misura legale.
- Se le parti non ne hanno determinato la misura, dal momento in cui è proposta domanda giudiziale il saggio degli interessi legali è pari a quello previsto dalla legislazione speciale relativa ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali.
- La disposizione del quarto comma si applica anche all’atto con cui si promuove il procedimento arbitrale.
I commi 4 e 5 dell’art. 1284 c.c. sono stati introdotti nel 2014 e rendono applicabile alla domanda giudiziale per il recupero del credito (nonché al procedimento arbitrale) il tasso di interessi stabilito per gli interessi legali moratori, ossia i cosiddetti interessi commerciali (d. lgs. 231/2002 – vedasi paragrafo 15). La ratio della norma è duplice:
- evitare che la durata del processo vada a detrimento del creditore,
- disincentivare resistenze pretestuose da parte del debitore, che si trova a corrispondere, oltre al debito, ulteriori somme a titolo di interessi, più alte rispetto a quanto sarebbe dovuto con il tasso legale ordinario.
A titolo esemplificativo, si pensi che attualmente:
- il tasso legale è pari allo 0,05%,
- mentre il saggio degli interessi commerciali prevede una maggiorazione dell’8%.
Un’altra norma di riferimento, già citata nel paragrafo precedente, è l’art. 1282 c.c. in materia di obbligazioni pecuniarie e di interessi di pieno diritto (o corrispettivi). La norma dispone che:
- I crediti liquidi ed esigibili di somme di denaro producono interessi di pieno diritto, salvo che la legge o il titolo stabiliscano diversamente.
- Salvo patto contrario, i crediti per fitti e pigioni non producono interessi se non dalla costituzione in mora.
- Se il credito ha per oggetto rimborso di spese fatte per cose da restituire, non decorrono interessi per il periodo di tempo in cui chi ha fatto le spese abbia goduto della cosa senza corrispettivo e senza essere tenuto a render conto del godimento.
L’art. 1282 c.c. è una norma dispositiva.
Cosa significa?
Le parti possono derogarvi convenzionalmente, ad esempio, stabilendo che nel contratto non siano dovuti interessi o prevedendo un saggio di interessi più alto o più basso.
4. Interessi legali: quando sono dovuti?
Gli interessi sono dovuti di diritto (cosiddetti “interessi di pieno diritto o corrispettivi”) al tasso legale quando il credito è:
- liquido, vale a dire determinato nel suo ammontare (ad esempio, 5 mila euro);
- esigibile, ossia quando non è più soggetto a termine (ad esempio, perché è scaduto) o a condizione (si pensi al caso di avveramento della stessa).
Pertanto, il creditore non può esigere gli interessi se il credito non presenta le due condizioni di cui sopra.
Ad esempio, se l’obbligazione scade il 31 luglio, il creditore non può esigere il pagamento di capitale e interessi il 15 luglio, perché, a quella data, il credito non è esigibile. O, ancora, se il pagamento della somma è subordinato al compimento di un determinato fatto, sinché la condizione pende (ossia sinché non si è avverata), il credito non è esigibile.
Per far decorrere gli interessi è necessaria la costituzione in mora?
La costituzione in mora non è necessaria:
- quando è scaduto il termine per pagare,
- se la prestazione deve essere eseguita al domicilio del creditore (art. 1219 c. 2 n. 3 c.c.); a tal proposito si ricorda che le obbligazioni pecuniarie devono essere adempiute al domicilio del creditore (art. 1183 c. 3 c.c.), trattandosi di obbligazioni portables.
5. Da quando decorrono gli interessi legali?
In virtù di quanto sopra esposto, gli interessi decorrono dal momento dell’esigibilità del credito, ossia da quando il credito non è soggetto a termine o condizione, e dalla sua liquidità. Come abbiamo visto, il creditore non è tenuto alla costituzione o messa in mora, in quanto l’obbligazione accessoria del pagamento degli interessi corrispettivi trova il proprio fondamento nella mera esigibilità della somma (Cass. 10428/2002).
L’art. 1282 c.c. fa salve le eccezioni nascenti dalla legge, ad esempio i crediti:
I suddetti crediti, in deroga al principio di produzione automatica degli interessi corrispettivi, maturano gli interessi soltanto dalla costituzione in mora del conduttore (affittuario o inquilino, nel linguaggio comune). Tale deroga è volta a tutelare il debitore – conduttore, che dovrà corrispondere gli interessi sul canone solo dal momento in cui avvenga la costituzione in mora da parte del creditore – locatore.
Un’altra deroga al principio di produzione automatica degli interessi corrispettivi si rinviene nel pagamento dell’indebito (artt. 2033, 2036 c.c.); ossia quando il debitore ha eseguito il pagamento senza avere alcun debito (indebito oggettivo) ovvero quando il debitore paga un debito altrui credendosi debitore (indebito soggettivo). In ambo i casi, gli interessi sul capitale pagato decorrono dal giorno della domanda di restituzione se l’accipiens era in buona fede. Per contro, in caso di male fede, gli interessi sono dovuti secondo le regole generali, ossia dal giorno del pagamento.
6. A cosa servono gli interessi legali?
Gli interessi di pieno diritto hanno una funzione remuneratoria.
Trovano fondamento nel principio della naturale fecondità del denaro, ossia il principio secondo cui «la disponibilità nel tempo del denaro altrui va pagata perché integra un obiettivo vantaggio economico» (C. M. BIANCA, L’obbligazione, cit., 92). Gli interessi altro non sono se non il costo del denaro ovvero, un altro modo per dirlo, è che il denaro genera denaro.
Come abbiamo visto, gli interessi legali sono stabiliti dalla legge e anche determinati dalla stessa; pertanto, nel caso in cui le parti non convengano, tra loro, l’entità degli interessi, si applica automaticamente il tasso legale. Lo stesso accade per gli interessi moratori, che operano al tasso legale, se i contraenti non hanno deciso diversamente (fatte salve le ipotesi rientranti nel ritardo di pagamento delle transazioni commerciali – vedasi paragrafo 15).
7. Come si calcolano gli interessi legali?
Gli interessi maturano nel tempo (periodicità) sono calcolati con un saggio (percentualità) in relazione al capitale a cui accedono (accessorietà). Il calcolo degli interessi, quindi, deve far riferimento ai seguenti elementi:
- capitale,
- saggio o tasso percentuale,
- tempo.
Gli interessi maturano temporalmente, in quanto sono dovuti in ragione del tempo in cui il debitore gode del capitale (C. M. BIANCA, L’obbligazione, cit.).
Semplificando, la formula che si può ricavare è la seguente:
Interesse = Capitale x Saggio x Tempo / 100
8. Il saggio degli interessi legali
La misura degli interessi legali è comunemente detta “saggio”. È variabile, in quanto il tasso è determinato con decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze, ogni anno, sulla base del rendimento medio annuo lordo dei titoli di Stato di durata non superiore ai dodici mesi, tenuto conto del tasso di inflazione che è stato registrato nel corso dell’anno (art. 1284 c. 1 c.c.). La ratio della norma è la seguente: la determinazione della misura degli interessi è rimessa al legislatore al fine di avere dei criteri di certezza.
Come abbiamo visto, l’art. 1282 c.c. nei commi 4 e 5 rinvia al saggio di interessi previsto per le transazioni commerciali (d. lgs. 231/2002). Il Ministero dell’Economia e delle Finanze, per il primo semestre del 2020, ha lasciato inalterato il tasso di riferimento per il calcolo degli interessi di mora da ritardato pagamento nelle transazioni commerciali, che risulta pari allo 0%. A tale tasso, va aggiunta la maggiorazione dell’8% (anteriormente al 01.01.2013 era pari al 7%).
Il saggio degli interessi moratori – applicabile ex art. 1282 c. 3 e 4 anche in caso di domanda giudiziale e arbitrato – resta confermato all’8% anche per il primo semestre 2020.
9. Chi stabilisce il tasso d’interesse?
Viene stabilito con decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze ogni anno. In particolare, il saggio degli interessi legali è determinato in misura pari al 5% in ragione d’anno. Il Ministero, con proprio decreto pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, non oltre il 15 dicembre dell’anno precedente a quello cui il saggio si riferisce, può modificarne annualmente la misura, sulla base del rendimento medio annuo lordo dei titoli di Stato di durata non superiore a dodici mesi e tenuto conto del tasso di inflazione registrato nell’anno. Qualora entro il 15 dicembre non sia fissata una nuova misura del saggio, questo rimane invariato per l’anno successivo.
Alle parti è data facoltà di stabilire un diverso saggio di interesse, maggiore o minore, rispetto a quello legale, purché non usurario e risultante per iscritto (art. 1284 c. 3 c.c.).
10. Interessi legali e capitalizzazione: cenni
Gli interessi scaduti possono produrre altri interessi, i cosiddetti interessi sugli interessi o interessi composti o secondari; fenomeno anche noto come anatocismo (art. 1283 c.c.). Si parla anche di capitalizzazione, infatti, gli interessi primari vengono sommati al capitale sul quale sono stati calcolati per produrre ulteriori interessi, detti secondari.
Salvo usi contrari (anatocismo usuario), gli interessi scaduti possono produrre altri interessi:
- quando il creditore ne chieda il pagamento con domanda giudiziale (anatocismo giudiziale),
- quando le parti abbiano concluso una pattuizione in tal senso (anatocismo convenzionale).
In ambo i casi si deve trattare di interessi dovuti da almeno 6 mesi (capitalizzazione semestrale).
La domanda giudiziale con cui si chiedono gli interessi anatocistici o secondari è autonoma rispetto alla domanda con cui si chiede il pagamento degli interessi principali.
È vietato l’anatocismo bancario per i contratti stipulati con decorrenza 01.01.2014, infatti, gli interessi capitalizzati non possono produrre interessi ulteriori (art. 120 c. 2 TUB e D.M. 3 agosto 2016 n. 343). Preme ripercorrere la storia dell’istituto nel settore bancario per comprendere l’introduzione del divieto.
BREVE CRONISTORIA
Nei contratti di conto corrente, per anni, gli istituti bancari hanno inserito le clausole di capitalizzazione, in particolare si trattava di capitalizzazione trimestrale per i crediti a favore della banca e di capitalizzazione annuale per crediti a favore dei clienti.
Questo doppio regime di contabilizzazione degli interessi (trimestrale per l’istituto creditizio e annuale per il correntista) è stato considerato sperequativo in danno del cliente e ha dato la scaturigine ad un ripensamento sull’anatocismo bancario sino a sancirne il divieto.
Il nostro ordinamento ha sempre guardato con sfavore tale istituto, in quanto può provocare un’eccessiva esposizione debitoria del correntista, il quale, nel caso di capitalizzazione trimestrale, vede aumentare il proprio debito quattro volte all’anno.
Le banche giustificavano la disparità delle clausole di capitalizzazione in virtù degli “usi bancari”, una sorta di prassi invalsa, nel tempo, nei rapporti tra istituti di credito e clienti. Nondimeno, tale prassi risultava in aperto contrasto con il disposto dell’art. 1283 c.c., il quale consente l’anatocismo solamente in tre ipotesi tassative: in presenza di conformi usi normativi (c.d. anatocismo usuario); a seguito di espressa pattuizione (c.d. anatocismo convenzionale); in virtù di una domanda giudiziale (c.d. anatocismo giudiziale).
Orbene, i giudici di legittimità nel 1999 (Cass. 2374/1999), per la prima volta, dichiarano nulla per violazione dell’art. 1283 c.c. la clausola, contenuta nei contratti di conto corrente, che prevede la capitalizzazione trimestrale, giacché basata su di un uso negoziale e non già normativo.
Il legislatore, preso atto della posizione della giurisprudenza, introduce allora una norma nel T.U.B. che prevede la stessa periodicità nel calcolo degli interessi, sia attivi che passivi. Purtuttavia, tale norma dispone, altresì, la validità delle clausole di capitalizzazione trimestrale sino all’entrata in vigore della delibera del C.I.C.R. In tal modo, vengono legittimate le somme incassate indebitamente dalle banche sino a quel momento. La Corte Costituzionale (sent. 425/2000), chiamata a dirimere la vicenda, dichiara costituzionalmente illegittimo l’art. 120 T.U.B. per eccesso di delega. Non solo, con la pronuncia delle Sezioni Unite del 2004 (sent. 21095/2004) si è ribadita la nullità delle clausole di capitalizzazione a debito del correntista, in quanto risulta inesistente un uso normativo idoneo a derogare quanto disposto dell’art. 1283 c.c. L’anatocismo, pertanto, viene ritenuto illegittimo. Tuttavia, un ulteriore problema riguarda la sorte delle clausole dichiarate nulle.
Una volta acclarato che si tratta di nullità parziale, che non importa la nullità dell’intero contratto, ma solo della singola clausola, ci si è chiesti se l’art. 1283 c.c. abbia natura di norma imperativa proibitiva o conformativa. Nel primo caso la norma è “distruttiva” ed espunge in toto la clausola, nel secondo, invece, cancella la clausola vietata e la sostituisce con una legittima (nel nostro caso, dalla capitalizzazione trimestrale si passa a quella annuale). La Corte di Cassazione, al riguardo, si pronuncia a Sezioni Unite nel 2010 (sent. 24418/2010) statuendo che le clausole di capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi sono nulle e non si convertono in clausole di diversa periodicità (semestrale o annuale).
Infine, ancora una volta, interviene il legislatore che con la legge di stabilità del 2014 sostituisce l’art. 120 c. 2 T.U.B. escludendo espressamente la capitalizzazione degli interessi (art. 120 c. 2 lett. b) e rinviando al Comitato Interministeriale per il Credito ed il Risparmio la determinazione delle modalità per la produzione degli interessi nell’esercizio dell’attività bancaria. Tale norma impedisce la produzione di interessi anatocistici a decorrere dal 1° gennaio 2014. In definitiva, in virtù della nuova disciplina, nei rapporti bancari non si produrranno più interessi secondari, né attivi né passivi.
11. Interessi legali 2020
Il nuovo saggio degli interessi legali stabilito con decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze (D.M. 12.12.2019), con decorrenza 1° gennaio 2020 è pari allo 0.05% annuo a fronte della misura pari allo 0,80% applicabile per l’anno 2019; allo 0,30 % per l’anno 2018 e allo 0,10 % per l’anno 2017. Di seguito, una tabella riepilogativa sul saggio di interesse legale nell’ultimo decennio, ossia dal 2010 al 2020.
Anno |
Saggio |
2010 |
1,00% |
2011 |
1,50% |
2012-2013 |
2,50% |
2014 |
1,00% |
2015 |
0,50% |
2016 |
0,20% |
2017 |
0,10% |
2018 |
0,30% |
2019 |
0,80% |
2020 |
0,05% |
Per la misura del saggio degli interessi commerciali, si rinvia a quanto già esposto nei paragrafi precedenti.
12. Interessi legali liquidati in sentenza
Il richiedente deve formulare espressa domanda in merito agli interessi, infatti, la domanda del capitale non si estende automaticamente agli interessi.
Recentemente, l’art. 1284 c.c., in materia di saggio di interessi, è stato modificato dal d.l. 132/2014 che ha introdotto due nuovi commi: il quarto e il quinto. In particolare, il comma 4 prevede che nel caso in cui sia proposta una domanda giudiziale (o di arbitrato) trovi applicazione la disciplina di favore prevista per l’imprenditore (d. lgs 231/2002), grazie alla quale il tasso legale di mora è più elevato (di 8 punti percentuali) rispetto a quello legale tout court. In altre parole, si applica il tasso degli interessi cosiddetti commerciali, ossia degli interessi moratori legali previsti in materia di ritardo di pagamento nelle transazioni commerciali. La ratio della norma è duplice:
- evitare che la durata del processo vada a detrimento del creditore,
- disincentivare resistenze pretestuose del debitore che si trova a corrispondere somme superiori a titolo di interessi, rispetto a quanto sarebbe dovuto con il tasso legale ordinario.
A titolo esemplificativo, si pensi che attualmente il tasso legale è pari allo 0.05%, mentre il saggio degli interessi commerciali prevede una maggiorazione dell’8%.
L’introduzione della norma è relativamente recente, pertanto, la giurisprudenza, in merito ad essa, è piuttosto limitata. Si ritiene sia sufficiente, al momento della domanda, la richiesta degli interessi legali sulla somma oggetto di pretesa, per vedersi riconosciuti in sentenza gli interessi commerciali, ossia il tasso di interesse “maggiorato” ex art. 1284 c. 4 c.c. Naturalmente, quanto sopra vale per i procedimenti iniziati dopo l’entrata in vigore del citato d. l. 132/2014 (vale a dire, successivamente alla data del 11.12.2014).
La domanda giudiziale di corresponsione degli interessi non accompagnata da alcuna qualificazione degli stessi va considerata come intesa al conseguimento dei soli interessi corrispettivi (art. 1282 c.c.), i quali sono dovuti a prescindere dalla colpa del debitore, nel caso di mancato o ritardato pagamento. Si considera domanda giudiziale anche il ricorso per decreto ingiuntivo (Trib. Milano, decreto 13.02.2015).
13. Interessi legali su depositi cauzionali
Al momento della conclusione del contratto di locazione, sia esso ad uso abitativo o commerciale, solitamente, viene versato anche il deposito cauzionale (art. 11 legge 392/1978); si tratta di una somma posta a garanzia dell’adempimento delle obbligazioni del conduttore, oltre che degli eventuali danni dallo stesso provocati. La cauzione non può superare le 3 mensilità ed è produttiva di interessi, pertanto, al momento della scadenza contrattuale, il locatore dovrà restituirla maggiorata degli interessi maturati. Sul deposito cauzionale, infatti, maturano gli interessi legali annui. Il locatore deve corrispondere al locatore gli interessi sulla cauzione:
- al termine di ogni anno,
- ·oppure alla scadenza contrattuale.
Il diritto del conduttore agli interessi maturati sul deposito cauzionale si prescrive in 5 anni (art. 2948 n. 4 c.c.).
Naturalmente, la cauzione verrà restituita al conduttore, maggiorata degli interessi maturati, solo allorché riconsegni l’immobile nelle stesse condizioni in cui lo ha ricevuto (si rinvia alla guida sulle locazioni abitative e sulle locazione commerciali).
14. Casistica: interessi su indennità di avviamento, su cambiale, risoluzione per inadempimento del venditore
In materia di locazione ad uso commerciale, se la locazione cessa per volontà del locatore, egli deve corrispondere al conduttore un’indennità pari a:
- 18 mensilità del canone (per le locazioni commerciali)
- 21 mensilità del canone (per le locazioni alberghiere).
Riassumendo, l’indennità è sempre dovuta in caso di:
- diniego di rinnovazione del locatore alla prima scadenza;
- disdetta del locatore alle scadenze successive.
Per un approfondimento, vedasi la guida sulle locazioni commerciali
La somma dovuta dal locatore al conduttore a titolo di indennità per la perdita dell’avviamento produce interessi corrispettivi solo dal momento in cui il conduttore abbia rilasciato l’immobile (Cass. 10962/2010).
In materia di cambiale, gli interessi corrispettivi si producono dal giorno della scadenza, anche se la cambiale non sia stata presentata per il pagamento o protestata; pertanto, gli interessi decorrono dal momento in cui il credito è divenuto liquido ed esigibile, senza necessità di alcuna messa in mora (Cass. 4587/2008).
In caso di risoluzione di un contratto di vendita per inadempimento del venditore, l’alienante deve restituire l’importo ricevuto con gli interessi legali a decorrere dal giorno in cui abbia ricevuto le somme dall’acquirente (Cass. 4604/2008).
In caso di risoluzione del contratto preliminare di vendita per inadempimento del promittente venditore, egli è tenuto a restituire l’importo ricevuto maggiorato degli interessi legali, dovuti come frutto civile del denaro, a decorrere dal giorno in cui ha ricevuto la somma (Cass. 21120/2015).
Altre norme che fanno riferimento agli interessi di pieno diritto sono:
15. Interessi legali e interessi moratori: le differenze
Come abbiamo visto nel primo paragrafo, la classificazione degli interessi varia a seconda della loro funzione. Gli interessi di pieno diritto o corrispettivi (art. 1282 c.c.) sono quelli prodotti dal denaro in virtù del principio della naturale fecondità (C.M. BIANCA, L’obbligazione, cit.). Il denaro è un bene fruttifero, in altre parole si può dire che il denaro genera altro denaro, sotto forma di interessi.
Gli interessi corrispettivi:
- sono prodotti da crediti liquidi ed esigibili di somme di denaro a prescindere dalla morosità, ovvero
- sono dovuti per la facoltà di godimento di un capitale (si pensi al mutuo).
Gli interessi moratori traggono origine da un ritardo nell’adempimento di un’obbligazione pecuniaria (art. 1224 c.c.), ossia di un’obbligazione avente ad oggetto una somma di denaro. Al soggetto che riceve con ritardo la prestazione spettano, dal giorno della mora, gli interessi per il ritardo, anche se non ha subito alcun danno.
Mentre gli interessi corrispettivi (art. 1282 c.c.) sono dovuti a prescindere dalla colpa del debitore; gli interessi moratori non sono dovuti se il debitore dimostra che il ritardo è dipeso da un fatto a lui non imputabile. Gli interessi corrispettivi cessano di essere dovuti con la mora, sostituiti da quelli moratori, salvo diversa convenzione tra le parti (GAZZONI cit.)
In che misura sono calcolati gli interessi moratori?
Sono dovuti nel tasso legale, se le parti non hanno pattuito interessi convenzionali di misura superiore, in tal caso, gli interessi moratori sono dovuti la tasso stabilito dai contraenti (anche se maggiore di quello legale).
Riassumendo:
- gli interessi dovuti per il mero uso di denaro altrui sono corrispettivi (art. 1282 c.c.),
- gli interessi pagati a causa del ritardo nell’adempimento sono moratori (art. 1224 c.c.);
- la misura degli interessi moratori può essere quella prevista per gli interessi legali, se le parti non hanno convenuto diversamente.
Una disciplina peculiare è dettata in materia di ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali (d. lgs. 231/2002). Tale normativa si applica ai contratti conclusi:
- tra imprese (compresi i liberi professionisti),
- tra imprese e pubbliche amministrazioni
che comportano, in via esclusiva o prevalente, la consegna di merci o la prestazione di servizi, contro il pagamento di un prezzo (art. 2 lett.a) d. lgs. 231/2002).
La legge distingue tra:
- interessi legali di mora formati da una componente variabile, comunicata ogni 6 mesi dal Ministero dell’Economia e da una componente fissa, pari a 8 punti percentuali;
- interessi concordati tra imprese, diversi dagli interessi legali di mora (di cui sopra).
Da quanto sopra emerge che il saggio legale degli interessi di mora nelle transazioni commerciali è più elevato del tasso d’interesse legale applicabile alle obbligazioni pecuniarie ex art. 1284 c.c., si parla a tal proposito di interessi commerciali.
La legge indica, altresì, precisi termini di decorrenza automatica degli interessi – ossia senza costituzione in mora – nel caso in cui il termine per il pagamento non sia presente nel contratto, si applicano i seguenti termini (art. 4 d. lgs. 231/2002):
- 30 giorni dalla data di ricevimento della fattura da parte del debitore o di una richiesta di pagamento di contenuto equivalente;
- 30 giorni dalla data di ricevimento delle merci o dalla data di prestazione dei servizi, quando non è certa la data di ricevimento della fattura o della richiesta equivalente di pagamento;
- 30 giorni dalla data di ricevimento delle merci o dalla prestazione dei servizi, quando la data in cui il debitore riceve la fattura o la richiesta equivalente di pagamento è anteriore a quella del ricevimento delle merci o della prestazione dei servizi;
- 30 giorni dalla data dell’accettazione o della verifica eventualmente previste dalla legge o dal contratto ai fini dell’accertamento della conformità della merce o dei servizi alle previsioni contrattuali, qualora il debitore riceva la fattura o la richiesta equivalente di pagamento in epoca non successiva a tale data.
16. Interessi legali e interessi convenzionali: le differenze
Come abbiamo visto all’inizio della trattazione, la classificazione tra interessi legali e convenzionali riguarda la fonte:
- la legge nel caso degli interessi legali,
- l’autonomia negoziale nell’ipotesi degli interessi convenzionali.
L’accordo tra le parti riguarda solo la misura degli interessi e non la loro “debenza”, la misura del tasso deve risultare per iscritto, in difetto, gli interessi restano dovuti al saggio legale (art. 1282 c. 2 e 3 c.c.).
Il tasso convenzionale può essere inferiore a quello legale oppure superiore, purché non usurario. Solitamente, la misura dell’interesse convenzionale supera quello legale; il tasso di interesse ultralegale non può superare il cosiddetto tasso soglia stabilito dalla legge relativamente alle varie operazioni, si pensi al contratto di mutuo.
Se la pattuizione supera la misura del predetto tasso soglia, gli interessi si considerano usurari, la clausola è nulla e gli interessi non sono dovuti. Il tasso soglia è quello in vigore al momento della pattuizione a prescindere dal momento del pagamento (d. l. 394/2000, art. 1 c. 1)
17. Interessi legali e rivalutazione
La rivalutazione monetaria persegue lo scopo di adeguare la somma alle variazioni del costo della vita. Facciamo un esempio banale.
Un creditore agisce in giudizio nel 2010 per vedersi riconosciuto il proprio credito pari a 1.000 euro e nel 2020 ottiene ragione. I 1.000 euro del 2010 non equivalgono ai 1.000 euro del 2020, perché, in tale torno di tempo, il costo della vita è aumentato, per questo motivo la somma va rivalutata.
Pertanto, il calcolo degli interessi deve operare, di anno in anno, sulle somme rivalutate (sino ad arrivare al 2020, nel nostro esempio). Infatti, «gli interessi che vengono a maturare sulla somma soggetta a rivalutazione devono essere calcolati tenendo conto che la rivalutazione ha natura progressiva» (Cass. 12432/1991).
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