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La pensione in pagamento può essere aumentata? Se un pensionato continua a lavorare dopo aver ottenuto il trattamento pensionistico, il suo assegno può essere incrementato nei casi in cui l’ente previdenziale preveda l’erogazione di un supplemento di pensione. Nel caso in cui il pensionato-lavoratore sia iscritto a un ente di previdenza diverso da quello che ha erogato la pensione in pagamento, potrebbe poi avere diritto a una pensione supplementare. Inoltre, in certe circostanze, come nel caso di una erronea esclusione di contributi rilevanti, potrebbe avere diritto alla ricostituzione della pensione, ossia ad un ricalcolo della pensione già erogata.

Ci si domanda, però, se sia possibile aumentare la pensione già in pagamento attraverso il ricalcolo contributivo, nel caso in cui l’importo ottenuto risulti superiore rispetto all’ammontare calcolato con il sistema misto.
In particolare, ci si interroga sulla possibilità di scegliere di passare al sistema di calcolo contributivo (art. 1, co. 23, legge n. 335/1995) dopo l’erogazione della pensione.

Questa opzione, che comporta il calcolo dell’assegno pensionistico attraverso un sistema basato soltanto sui contributi versati e sull’età pensionabile, di norma risulta meno vantaggiosa rispetto al sistema di calcolo retributivo-misto, il quale si basa – per una o più quote – sugli ultimi stipendi o redditi percepiti, rivalutati secondo l’indice Foi, nonché sull’anzianità contributiva compresa entro specifici periodi.

Solitamente, il sistema di calcolo totalmente contributivo porta all’erogazione di una pensione inferiore rispetto a quella calcolata con il sistema retributivo-misto.

Tuttavia, esistono diversi casi in cui il ricalcolo contributivo può risultare più conveniente.

Relativamente a queste situazioni, ci si chiede se un pensionato possa optare per il sistema contributivo, nonostante abbia già iniziato a ricevere la pensione. La Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti su questa questione con la sentenza n. 21057/2017.

Opzione per il sistema contributivo

In merito, ricordiamo innanzitutto che l’opzione per il sistema contributivo consente di valorizzare tutti i contributi accreditati presso le casse dell’INPS con il sistema di calcolo contributivo, compresi i periodi anteriori al 1996, normalmente soggetti al sistema di calcolo retributivo.

Per esercitare l’opzione in oggetto è necessario:

– che risultino accreditati almeno 15 anni di contributi complessivi presso le gestioni INPS;

– possedere almeno un contributo alla data del 31 dicembre 1995, ma meno di 18 anni di versamenti alla stessa data;

– che risultino accreditati almeno 5 anni di contributi dal 1996 in poi.

L’opzione per il contributivo, che può essere richiesta dal contribuente, diventa irrevocabile una volta accettato un eventuale onere di riscatto, superato il massimale annuo di contribuzione e, naturalmente, al momento del pensionamento. Ma, una volta che la pensione è stata liquidata con sistema misto, si può chiedere il suo ricalcolo con sistema contributivo, laddove soltanto dopo il pensionamento ci si accorga che il calcolo interamente contributivo è più favorevole?

Rinuncia alla pensione

Se l’interessato si accorge, dopo la presentazione della domanda di pensione, che il ricalcolo contributivo, non richiesto, risulta in realtà più favorevole, può esercitare la facoltà di rinuncia e presentare una nuova domanda (cfr. circolare INPS n. 15 del 22 gennaio 1982). La facoltà di rinuncia, tuttavia, è esercitabile sino al momento della liquidazione della pensione da parte dell’ente previdenziale e non oltre.

Ricalcolo contributivo dopo la pensione

In base alla sentenza n. 21057/2017 della Cassazione, chi è già andato in pensione non può chiedere il ricalcolo dell’assegno con il sistema contributivo per raggiungere un trattamento di importo superiore a quello riconosciuto. L’art. 1, co. 23, legge n. 335/1995, difatti, fa espresso richiamo ai “lavoratori iscritti” e non ai già pensionati: in pratica, una volta che i contributi hanno dato luogo a pensione, non è più possibile rideterminare il trattamento con un diverso sistema di calcolo.

Tuttavia, qualora l’interessato abbia diritto a una pensione supplementare o a una seconda pensione autonoma, l’opzione al contributivo può essere richiesta laddove sussistano i requisiti in relazione al nuovo trattamento: a tal fine, non possono essere considerati quei periodi di anzianità contributiva per i quali sia stato già liquidato il relativo trattamento pensionistico (Cass., ss. nn. 21244/2014 e 3486/2014).

In pratica, sia per la valutazione dell’anzianità contributiva al 31 dicembre 1995 sia per la determinazione dei 15 anni di versamenti complessivi, di cui 5 accreditati dopo il 1996, non rilevano i contributi che hanno già dato luogo alla pensione di cui il richiedente è titolare.

In altri termini, secondo la Cassazione, l’opzione per il contributivo dopo la liquidazione della pensione non è consentita a coloro che risultano privi di altra contribuzione, mentre per coloro che possono accedere a una pensione aggiuntiva sulla base di nuovi contributi, è possibile, ma solo se la nuova contribuzione soddisfa le condizioni per l’opzione. La nuova pensione può essere supplementare o “indipendente”, rispetto al precedente trattamento, non deve trattarsi di un supplemento o di una ricostituzione.

Tuttavia, in argomento risultano necessarie alcune considerazioni aggiuntive.

Obbligo di doppio calcolo

In base al messaggio INPS n. 219/2013, le Sedi INPS sono tenute, ai sensi dell’art. 69, co. 6, legge n. 388/2000, a rilasciare, su richiesta, il doppio calcolo della pensione (con il sistema integralmente contributivo e con il sistema misto) e, qualora l’interessato scelga il sistema contributivo, tale scelta è da considerarsi irrevocabile.
Nel dettaglio, in base all’art. 69, co. 6, legge n. 388/2000: “Ai fini dell’esercizio del diritto di opzione di cui all’articolo 1, comma 23, della legge 8 agosto 1995, n. 335, l’ente previdenziale erogatore rilascia a richiesta due schemi di calcolo della liquidazione del trattamento pensionistico rispettivamente con il sistema contributivo e con il sistema retributivo.”

In buona sostanza, laddove l’interessato richieda il ricalcolo contributivo della pensione, l’INPS ha l’obbligo di metterlo a conoscenza dell’importo che percepirebbe con calcolo misto, confrontando i due trattamenti e garantendogli la scelta migliore.

Inspiegabilmente, la stessa possibilità non è garantita nel caso contrario: senza l’esercizio dell’opzione al contributivo e salvo la richiesta di particolari trattamenti che comportino il ricalcolo contributivo dell’assegno, la pensione viene automaticamente liquidata con sistema misto, anche se nel caso di specie sussistono i requisiti per l’esercizio dell’opzione e tale possibilità risulta più favorevole.

Una tale disparità, a parere della scrivente, non risulta giustificata. In proposito, si evidenzia che nella sentenza n. 264/1994 della Corte Costituzionale, la Consulta ha affermato che è palesemente contrario al principio di razionalità di cui all’art. 3, Cost. – “che implica l’esigenza di conformità dell’ordinamento a valori di giustizia e di equità” (Corte Cost., sent. n. 421/1991) – il verificarsi, in presenza di casi analoghi, di una palese e irragionevole differenza di trattamento previdenziale.

Nell’ipotesi considerata, la penalizzazione sull’importo della pensione deriva unicamente dal fatto che l’interessato non abbia preventivamente domandato l’opzione al contributivo in sede di pensionamento, non possedendo la generalità dei cittadini mezzi e competenze tecniche sufficienti per conoscere preventivamente l’opzione di calcolo maggiormente conveniente.

Peraltro, il diverso trattamento a parità di condizioni potrebbe costituire una violazione dell’art. 38, co. 1 e 2, Cost., incidendo sul principio di proporzionalità tra prestazione e qualità e quantità del lavoro svolto (cfr. Corte D’Appello di Trieste, r.o. n. 184/2017).
Si potrebbe altresì richiamare per analogia la sentenza della Corte Cost. n. 173/2018, in materia di neutralizzazione di contributi “dannosi” successivi alla data di maturazione dei requisiti per il pensionamento: nel dispositivo, la Consulta ricorda che, a parità di condizioni, occorre valutare l’esistenza di “elementi di motivata diversità” (Corte Cost., sent. n. 1548/ 2017), che possono giustificare differenti regolazioni di aspetti e punti specifici. In assenza di tali elementi, la diversità di trattamento risulta ingiustificata.

Riguardo alla problematica in esame, la più rilevante differenza è oggettivamente costituita dalla stessa discrezionalità del lavoratore di autodeterminarsi ai fini degli obblighi contributivi e dell’accesso alla prestazione pensionistica, configurandosi un rapporto diretto tra assicurato ed ente previdenziale, avvalendosi o meno dell’opzione di calcolo contributivo.

Tuttavia, la capacità di autodeterminazione appare minata alla base, considerando che per il cittadino non esperto di previdenza è oggettivamente impossibile conoscere il differenziale tra l’importo della pensione calcolata con sistema misto e l’importo della pensione calcolato con sistema contributivo, in assenza di un servizio pubblico gratuito che effettui il doppio calcolo prima della presentazione della domanda di pensione, o comunque in tempo utile per la rinuncia alla stessa.

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