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Con la Circolare n. 70 del 26 luglio 2023 (testo in calce) l’Inps ha aggiornato le disposizioni in tema di Fondo di garanzia per il trattamento di fine rapporto (TFR) e dei crediti di lavoro.

Invero, con la direttiva 80/987/CEE del Consiglio è stata introdotta una tutela minima in favore dei lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro. Tale disposizione ha previsto un meccanismo di tutela fondato su “organismi di garanzia”, che si sostituiscono al datore di lavoro insolvente per il pagamento dei crediti retributivi ai lavoratori subordinati.

In particolare, l’articolo 5 del decreto legislativo n. 80/1992 ha istituito uno specifico Fondo di garanzia per tutelare la posizione previdenziale complementare, alimentato, ai sensi dell’articolo 16, comma 2, del decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252, da una quota pari all’1% del contributo di solidarietà dovuto sulle contribuzioni o somme a carico del datore di lavoro destinate alla previdenza pensionistica complementare, diverse dalla quota TFR.

Il Fondo di garanzia di cui all’articolo 2 della legge n. 297/1982 riguarda la Gestione delle prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti, nel cui ambito ha una contabilità separata (art. 24 della legge 9 marzo 1989, n. 88).

I soggetti tutelati

Possono accedere al Fondo di garanzia tutti i lavoratori dipendenti da datori di lavoro tenuti al versamento all’Istituto del contributo che alimenta la relativa gestione, compresi gli apprendisti ed i dirigenti, anche di aziende industriali.

Inoltre, dal 1° luglio 2022, il Fondo di garanzia eroga le prestazioni anche ai giornalisti professionisti, pubblicisti e praticanti titolari di un rapporto di lavoro subordinato, nonché i lavoratori dello spettacolo titolari di un rapporto di lavoro subordinato, in quanto per essi i datori di lavoro sono tenuti al versamento del contributo.

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I crediti di lavoro che possono essere corrisposti dal Fondo di garanzia sono: il trattamento di fine rapporto (TFR) e le retribuzioni relative agli ultimi tre mesi del rapporto.

Il trattamento di fine rapporto, regolato dall’articolo 2120 c.c. è quanto datore di lavoro deve corrispondere al dipendente in ogni caso di cessazione del rapporto di lavoro.

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Dal 1° gennaio 2007, i datori di lavoro che abbiano alle almeno 50 dipendenti, dovranno versare le quote di TFR, che i lavoratori hanno scelto di mantenere secondo il regime del codice civile, al “Fondo per l’erogazione ai lavoratori dipendenti del settore privato dei trattamenti di fine rapporto di cui all’articolo 2120 del codice civile”, comunemente noto come Fondo di Tesoreria. Si tratta di un Fondo, istituito dall’articolo 1, commi 755 e 756, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, gestito dall’INPS per conto dello Stato. La quota di TFR, versata al Fondo di Tesoreria viene effettuata dal datore di lavoro che trattiene il relativo importo dall’ammontare dei contributi dovuti complessivamente agli enti previdenziali nello stesso mese. In caso di “incapienza”, su richiesta del datore di lavoro, il Fondo di Tesoreria provvede all’erogazione diretta ai lavoratori della quota di TFR di sua competenza.

Il diritto al TFR matura anno per anno, ma si può esigere solo alla fine del rapporto di lavoro; esso è assoggettato al termine di prescrizione quinquennale (art. 2948 c.c.) che decorre dalla data di cessazione del rapporto di lavoro; quando è riconosciuto da provvedimento giurisdizionale passato in giudicato, invece, si prescrive in dieci anni (art. 2953 c.c.).

I requisiti

Per poter accedere alle prestazioni del Fondo di garanzia occorre che sussistano diversi presupposti, a seconda che il datore di lavoro sia soggetto o meno alle disposizioni della legge fallimentare; tale valutazione dell’assoggettabilità a procedura concorsuale va fatta in concreto e, pertanto, deve essere considerato “non soggetto alle disposizioni del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267” ai sensi dell’articolo 2, quinto comma, della legge n. 297/1982, sia il datore di lavoro che non sia assoggettato a fallimento per ragioni di carattere soggettivo, sia il datore di lavoro che non sia assoggettato a procedura concorsuale per ragioni oggettive.

Il criterio distintivo è l’assoggettabilità o meno del datore di lavoro alle procedure di fallimento/liquidazione giudiziale, concordato preventivo, liquidazione coatta amministrativa, procedure per le quali l’intervento del Fondo di garanzia è esplicitamente disciplinato dall’articolo 2, commi dal secondo al quarto, della legge n. 297/1982 e dall’articolo 1, comma 1, del D. lgs. n. 80/1992.

Fine del rapporto di lavoro subordinato

La garanzia del Fondo interviene a prescindere dalla causa che ha determinato la cessazione del rapporto: dimissioni, licenziamento, accordo di risoluzione o scadenza del termine in caso di contratto a tempo determinato. Tra l’altro, l’apertura di una procedura concorsuale non causa automaticamente la cessazione del rapporto di lavoro, che deve avvenire nei modi indicati dalla legge.

Il requisito della cessazione del rapporto di lavoro deve essere considerato con attenzione nei casi di trasferimento d’azienda, compresi l’affitto e l’usufrutto. In presenza di trasferimento di azienda, la tutela dei diritti dei lavoratori subordinati è oggetto della direttiva 23/2001/CE del Consiglio, del 12 marzo 2001, recepita nel nostro ordinamento dall’articolo 2112 c.c. e dall’articolo 47 della legge 29 dicembre 1990, n. 428.

Vendita di azienda in bonis

Nell’ipotesi di trasferimento attuato da aziende in bonis, se il datore di lavoro insolvente è il cedente, il Fondo di garanzia non deve intervenire in quanto il TFR dovrà essere corrisposto per l’intero dal cessionario; diversamente, in caso di fallimento del cessionario, il Fondo di garanzia è tenuto a corrispondere l’intero TFR maturato.

Vendita attuata da cedente assoggettato a procedura concorsuale

Nel caso di trasferimento compiuto da aziende assoggettate a procedura concorsuale, è ammessa una deroga a tutte o alcune delle tutele previste dalla disposizione di cui all’articolo 2112 c.c.

La disciplina prima dell’entrata in vigore del CCII

L’articolo 47, comma 5, della legge n. 428/1990, sino al 15 luglio 2022, prevedeva che, in caso di trasferimento attuato da aziende sottoposte a fallimento, concordato preventivo con cessione dei beni, liquidazione coatta amministrativa e amministrazione straordinaria, qualora la continuazione dell’attività non fosse stata disposta o fosse cessata, “ai lavoratori il cui rapporto di lavoro continua con l’acquirente non trova applicazione l’articolo 2112 del codice civile, salvo che dall’accordo risultino condizioni di miglior favore”.

Il comma 4-bis, lett. b) e bbis), del medesimo articolo si occupava dei trasferimenti attuati da aziende poste in amministrazione straordinaria, in caso di continuazione dell’esercizio di impresa, e da aziende per le quali era stata aperta una procedura di concordato preventivo, sancendo che le disposizioni dell’articolo 2112 c.c. trovassero applicazione nei termini e con le limitazioni previste dall’accordo preliminare al trasferimento.

Anche in tale ipotesi, il TFR maturato nei confronti del cedente era esigibile sino alla data del trasferimento, a meno che l’accordo sindacale preliminare al trasferimento non avesse stabilito l’accollo del TFR da parte dell’acquirente stesso.

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La disciplina dopo l’entrata in vigore del CCII

Il CCII prevede una deroga ex lege alla responsabilità del cessionario per i crediti maturati presso il cedente, sancendo che non si applica il principio della solidarietà del cessionario per i crediti di lavoro maturati dai dipendenti nei confronti del cedente, di cui all’articolo 2112, secondo comma, del c.c. e che il trattamento di fine rapporto sia subito esigibile nei confronti dell’azienda cedente.

Invero, a norma dell’articolo 47, comma 5-bis, della legge n. 428/1990, introdotto dall’articolo 368, comma 4, lett. d), del CCII:“Il Fondo di garanzia, in presenza delle condizioni previste dall’articolo 2 della legge 29 maggio 1982, n. 297, interviene anche a favore dei lavoratori che passano senza soluzione di continuità alle dipendenze dell’acquirente; nei casi predetti, la data del trasferimento tiene luogo di quella della cessazione del rapporto di lavoro, anche ai fini dell’individuazione dei crediti di lavoro diversi dal trattamento di fine rapporto, da corrispondere ai sensi dell’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 80”.

Il legislatore ha stabilito che l’articolo 2112 c.c. trovi applicazione, quando nei confronti dell’azienda cedente, si verifica una delle seguenti condizioni:

a) sia stata aperta una procedura di concordato preventivo in regime di continuità indiretta, ai sensi dell’articolo 84, comma 2, del CCII; b) sia intervenuta l’omologazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti, quando gli stessi non hanno carattere liquidatorio; c) sia stata aperta una procedura di amministrazione straordinaria in caso di continuazione o di mancata cessazione dell’attività.

Nel concordato con continuità, il CCII ha stabilito che i crediti di lavoro siano soddisfatti con priorità assoluta sia sul valore di liquidazione sia sul valore eccedente quello di liquidazione (art. 84, comma 7) e che, in caso di moratoria nel pagamento, per i crediti di lavoro, essa non possa eccedere i sei mesi dall’omologazione (art. 86). L’articolo 100 del CCII, inoltre, nel caso di concordato con continuità aziendale, ha previsto che il Tribunale possa autorizzare il pagamento di tutte le retribuzioni richieste.

Con riferimento ai trasferimenti d’azienda attuati da imprese assoggettate alle procedure di liquidazione giudiziale, concordato preventivo liquidatorio, liquidazione coatta amministrativa, amministrazione straordinaria (con programma di liquidazione), il Fondo di garanzia può intervenire in favore dei lavoratori trasferiti al cessionario in bonis.

Mentre, riguardo al concordato preventivo, l’articolo 368, comma 4, lett. d), del CCII, risolvendo una questione sottoposta varie volte al vaglio dei giudici, dispone che il Fondo di garanzia è tenuto a corrispondere il TFR e i crediti di lavoro nella loro integrale misura, quale che sia la percentuale di soddisfazione stabilita in sede di concordato preventivo, ferma restando l’applicazione del massimale di cui all’articolo 2, comma 2, del D.lgs n. 80/1992.

Insolvenza del cedente e del cessionario

Nel caso in cui sia il cedente che il cessionario siano stati assoggettati a procedura concorsuale, il Fondo di garanzia dovrà intervenire relativamente al periodo di lavoro svolto dal lavoratore con l’azienda cedente sia quella relativa al periodo svolto presso l’azienda cessionaria.

Di norma, il credito per TFR viene calcolato pro quota, in base alla durata del rapporto lavorativo, nello stato passivo di ciascuna procedura.

Qualora il credito per TFR non sia stato ammesso pro quota nelle due procedure, occorrerà segnalare al responsabile di entrambe le procedure concorsuali l’avvenuta liquidazione a carico del Fondo di garanzia.

L’affitto di azienda

Nel messaggio n. 2272/2019 l‘Inps ha indicato le istruzioni operative per l’intervento del Fondo di garanzia nelle diverse ipotesi di affitto d’azienda.

Con riferimento alla fattispecie di affitto dell’azienda in fallimento/liquidazione giudiziale, disciplinata dall’articolo 104-bis della legge fallimentare e ora dall’articolo 212 del CCII, è stato stabilito che il credito per TFR, in presenza degli altri requisiti previsti dall’articolo 2 della legge n. 297/1982, sia considerato esigibile all’atto del trasferimento. In tale caso, il principio della responsabilità solidale può essere disapplicato anche senza accordo sindacale.

Nell’ipotesi di fallimento di una delle parti nel corso dell’esecuzione di un contratto di affitto di azienda, è stato previsto che, poiché il fallimento dell’azienda cedente non determina l’automatica retrocessione dei lavoratori passati alle dipendenze del cessionario, durante l’affitto, non potranno essere accolte le domande dirette ad ottenere la liquidazione del TFR maturato dai lavoratori, per il periodo in cui erano alle dipendenze della cedente. Spetterà al cessionario in bonis, l’onere di corrispondere il TFR ai lavoratori che cessano il rapporto nel corso dell’affitto.

Liquidazione giudiziale nel corso del contratto di affitto d’azienda

Il D.lgs n. 14/2019, all’articolo 184, commi 1 e 2, regola la fattispecie dell’apertura della liquidazione giudiziale nei confronti del concedente, riservando al curatore la facoltà di esercitare il diritto di recesso dal contratto entro 60 giorni e codifica il principio secondo il quale, la retrocessione non comporta la responsabilità della procedura per i debiti maturati durante l’affitto. Restano valide le istruzioni impartite con riferimento all’articolo 79 della legge fallimentare.

Al contrario, in caso di apertura della liquidazione giudiziale nei confronti del cessionario nel corso dell’affitto di azienda e di retrocessione dei lavoratori all’impresa cedente in bonis, il Fondo di garanzia non può intervenire per la quota maturata alle dipendenze del cessionario, considerata la continuazione del rapporto di lavoro con il cedente.

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Datore di lavoro assoggettabile a procedura concorsuale

Nel caso in cui il datore di lavoro sia assoggettato alle procedure concorsuali, i requisiti dell’intervento del Fondo di garanzia sono: la cessazione del rapporto di lavoro subordinato; l’apertura di una procedura concorsuale; l’esistenza del credito per TFR/retribuzioni rimasto insoluto. Le procedure concorsuali che danno titolo all’intervento del Fondo di garanzia sono: il fallimento/la liquidazione giudiziale; il concordato preventivo; la liquidazione coatta amministrativa (art. 2 della legge n. 297/1982); l’amministrazione straordinaria (art. 102 del D.lgs n. 270/1999).

Datori di lavoro non assoggettabili a procedura concorsuale

L’articolo 2, quinto comma, della legge n. 297/1982 e l’articolo 1, comma 2, del D.lgs n. 80/1992 prevedono modalità diverse di intervento del Fondo di garanzia nel caso in cui il datore di lavoro non sia assoggettabile a procedura concorsuale.

In tale ipotesi, i requisiti per l’accesso al Fondo di garanzia sono la cessazione del rapporto di lavoro subordinato; l’inapplicabilità al datore di lavoro delle procedure concorsuali; la prova dell’esistenza di un credito per TFR e retribuzioni; l’insufficienza delle garanzie patrimoniali del datore di lavoro a seguito dell’esperimento dell’esecuzione forzata.

Inapplicabilità al datore di lavoro delle procedure concorsuali

Non è soggetto alle procedure concorsuali sia il datore di lavoro non assoggettabile a procedura concorsuale per ragioni soggettive sia il datore di lavoro non più assoggettabile per ragioni di carattere oggettivo. Se il lavoratore vorrà accedere alle prestazioni del Fondo di garanzia sulla base dell’esecuzione forzata individuale, dovrà dimostrare che il datore di lavoro non è soggetto alle disposizioni della legge fallimentare, non potendo scegliere l’una o l’altra modalità di intervento.

Non sono soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo gli imprenditori agricoli, gli enti pubblici, nonché gli imprenditori commerciali qualora dimostrino il possesso congiunto dei seguenti requisiti:

  1. avere avuto, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito della istanza di fallimento o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore, un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore a 300.000 euro;
  2. avere realizzato, in qualunque modo risulti, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell’istanza di fallimento o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore, ricavi lordiper un ammontare complessivo annuo non superiore a 200.000 euro;
  3. avere un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore a 500.000 euro.

Sono espressamente assoggettabili alla liquidazione giudiziale/fallimento le società pubbliche così come definite dall’articolo 2, comma 1, lettera f), del CCII, ossiale società a partecipazione pubblica; le società a controllo pubblico; le società c.d. in house.

Sono esclusi dal fallimento gli imprenditori cancellati dal registro delle imprese da oltre un anno, mentre per i datori di lavoro non iscritti al registro delle imprese, si fa riferimento alla cessazione dell’attività. I medesimi termini si applicano al datore di lavoro defunto (art. 11 della legge fallimentare e art. 34 del CCII).

il Lavoro nella giurisprudenza, di Autori AA. VV., Ed. IPSOA, Periodico. Mensile di dottrina e giurisprudenza di legittimità e di merito in materia di rapporto di lavoro privato e pubblico, previdenza, sicurezza sul lavoro e processo del lavoro.
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Prova dell’esistenza di un credito per TFR e retribuzioni

Nel caso in cui il Fondo di garanzia interviene ai sensi dell’articolo 2, quinto comma, della legge n. 297/1982, cioè al di fuori di una procedura concorsuale, il credito vantato dal lavoratore a titolo di TFR o delle ultime tre retribuzioni, deve essere stato accertato in giudizio, ovvero dovrà esser stato riconosciuto in un titolo esecutivo conseguito nei confronti del datore di lavoro La Corte di Cassazione ha stabilito che, anche nell’ipotesi di eredità accettata con beneficio di inventario e liquidata secondo la procedura prevista dall’articolo 499 c.c., il credito del lavoratore deve essere accertato giudizialmente, non essendo sufficiente il solo inserimento del credito nello stato di graduazione.

In particolare, il credito potrà essere accertato con sentenza passata in giudicato; decreto ingiuntivo, completo di decreto di esecutorietà di cui all’articolo 647 c.p.c.; decreto di esecutività del verbale di conciliazione di cui all’articolo 411 c.p.c.; verbale di conciliazione monocratica quando ai sensi dell’articolo 11, comma 3-bis, del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124, viene dichiarato esecutivo con decreto del Giudice competente; diffida accertativa per crediti patrimoniali di cui all’articolo 12 del D.lgs n. 124/2004 quando acquista efficacia di titolo esecutivo.

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Chiusura del fallimento senza accertamento del passivo

Con la circolare n. 32 del 4 marzo 2010 sono state fornite le prime istruzioni per l’intervento del Fondo di garanzia rispetto alla fattispecie prevista dall’articolo 102 della legge fallimentare – oggi articolo 209 del CCII – di chiusura del fallimento senza accertamento del passivo.

Secondo detta normativa, il Tribunale, su istanza del curatore, deve disporre, con decreto motivato, di non procedere all’accertamento del passivo se risulta che non sia possibile acquisire alcun attivo da distribuire ai creditori che hanno chiesto l’ammissione.

In tale caso, il Fondo di garanzia può essere applicato con le modalità previste per i datori di lavoro non assoggettabili a procedura concorsuale.

In mancanza del procedimento di accertamento del passivo, il lavoratore può chiedere l’intervento del Fondo di garanzia purché la misura del credito per il TFR risulti accertato in un titolo esecutivo, essendo lo stesso terzo rispetto al rapporto di lavoro.

Se il datore di lavoro sia una società a responsabilità limitata o per azioni e il decreto di chiusura della procedura di liquidazione di cui all’articolo 233, comma 1, lettere c) e d), del CCII ne abbia disposto la cancellazione dal registro delle imprese, l’insufficienza delle garanzie patrimoniali è rilevata dallo stesso decreto.

Il sovraindebitamento

Le imprese minori, regolate dall’articolo 2, comma 1, lettera d), del CCII, gli imprenditori agricoli, i professionisti, le start up innovative, le associazioni e le fondazioni, nonché i consumatori, quando si trovano in stato di crisi o di insolvenza possono accedere alle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento, disciplinate dal Capo II del Titolo IV della Parte prima del CCII, la possibilità dell’intervento del Fondo di garanzia nel caso di assoggettamento del datore di lavoro a una di queste procedure, in assenza di una previsione normativa, deve essere valutata caso per caso.

La procedura di ristrutturazione dei debiti del consumatore che abbia contratto debiti per fare fronte a esigenze personali o familiari, prevista dagli articoli da 67 a 73 del CCII; non costituisce un titolo all’intervento del Fondo di garanzia.

La disciplina del concordato minore, di cui agli articoli 74 a 83 del CCII, è accessibile ai debitori in stato di sovraindebitamento, esclusi i consumatori ed è simile a quella del concordato preventivo alla quale l’articolo 74, comma 4, del CCII, in quanto compatibile.

Generalmente, i creditori privilegiati dovrebbero essere soddisfatti integralmente, ma nel concordato minore, il legislatore ha previsto la possibilità che essi non vengano soddisfatti integralmente. Per la parte non garantita, essi sono equiparati ai creditori chirografari e partecipano al voto sul concordato; in caso di voto a favore o di mancata espressione del voto, il lavoratore non può chiedere l’intervento del Fondo di garanzia. Il Fondo, infatti, è chiamato a intervenire in sostituzione del datore di lavoro per le somme da questo dovute ai lavoratori e non anche per quelle da cui è stato da essi liberato.

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Il lavoratore potrà chiedere l’intervento del Fondo di garanzia, nel caso in cui il concordato venga omologato nonostante il voto contrario del lavoratore.

Liquidazione del patrimonio e liquidazione controllata del sovraindebitato

Il CCII ha introdotto nel nostro ordinamento l’istituto della liquidazione controllata del sovraindebitato, modificando la disciplina dettata dalla legge n. 3/2012. Nello specifico, il sovraindebitamento è definito come “lo stato di crisi o di insolvenza del consumatore, del professionista, dell’imprenditore minore, dell’imprenditore agricolo, delle start-up innovative di cui al decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, e di ogni altro debitore non assoggettabile alla liquidazione giudiziale ovvero a liquidazione coatta amministrativa o ad altre procedure liquidatorie previste dal codice civile o da leggi speciali per il caso di crisi o insolvenza“ (art. 2, comma 1, lett. c), del CCII).

Tale procedura è applicabile ad “ogni altro debitore” non assoggettabile a una diversa procedura concorsuale; in tale categoria rientrano gli enti non commerciali quali le associazioni e le fondazioni che non esercitino attività di impresa.

Per avviare la liquidazione controllata occorre che sussista la crisi o l’insolvenza del debitore. Nello specifico, si delinea l’insolvenza quando il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni, la crisi invece si verifica con l’inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a fronteggiare alle obbligazioni nei successivi dodici mesi.

Il debitore medesimo o il creditore possono presentare domanda di avvio della procedura; il Tribunale, accertata la sussistenza dei requisiti oggettivi e soggettivi, con sentenza dichiara aperta la procedura, nomina il giudice delegato, il liquidatore e fissa il termine per la presentazione delle domande di ammissione al passivo.

La sentenza di apertura della procedura, come avviene per la sentenza di apertura della liquidazione giudiziale, “apre il concorso dei creditori sul patrimonio del debitore”.

Al pari della liquidazione del patrimonio regolata dalla legge n. 3/2012, anche nella liquidazione controllata, lo stato passivo viene redatto e depositato nella cancelleria del Tribunale dal liquidatore, senza il giudice delegato, che interviene solo in presenza di contestazioni non superabili da parte del liquidatore.

Applicazione dell’istituto del Fondo di garanzia in caso datore di lavoro assoggettato alle misure di prevenzione

In materia di liquidazione giudiziale e misure cautelari penali, il CCII ha sancito la prevalenza della liquidazione giudiziale rispetto al sequestro preventivo o conservativo sui beni del datore di lavoro.

Pertanto, l’assoggettamento dei beni a tali misure non impedisce l’avvio della procedura di liquidazione giudiziale; piuttosto, su istanza del curatore, il giudice deve disporre la revoca del medesimo sequestro.

Nel caso di datore di lavoro assoggettato a misura di prevenzione di cui al D.lgs n. 159/2011, andranno applicate le disposizioni della circolare n. 103 del 17 settembre 2020.

Va precisato che i lavoratori che chiedono l’intervento del Fondo di garanzia sulla base dell’accertamento del loro credito condotto ai sensi dell’articolo 59 del D.lgs n. 159/2011, devono dimostrare che il datore di lavoro non è assoggettabile a procedura concorsuale nei modi indicati al paragrafo 5.2, lettera B), della presente circolare.

Procedura di composizione negoziata della crisi

Non determinano l’intervento del Fondo di garanzia, gli accordi che concludono la procedura di composizione negoziata della crisi di cui all’articolo 23 del CCII, poiché non riguardano i diritti di credito dei lavoratori che restano liberi di esercitare le azioni esecutive dirette a recuperare i rispettivi crediti.

Invero, le misure protettive del patrimonio, indicate nell’articolo 18 del CCII, non si applicano ai diritti di credito dei lavoratori ed, in caso di trasferimento di azienda, si applica l’articolo 2112 c.c., senza deroga (art. 22, comma 1, lett. d), CCII).

Rapporti tra Fondo di Tesoreria e Fondo di garanzia

I datori di lavoro che abbiano alle proprie dipendenze almeno 50 addetti sono tenuti a versare le quote di TFR che i lavoratori hanno scelto di mantenere secondo il regime del codice civile, al “Fondo per l’erogazione ai lavoratori dipendenti del settore privato dei trattamenti di fine rapporto di cui all’articolo 2120 del codice civile” istituito dall’articolo 1, commi 755 e 756, della legge n. 296/2006.

Invero, il Fondo di Tesoreria garantisce ai lavoratori dipendenti del settore privato l’erogazione dei trattamenti di fine rapporto di cui all’articolo 2120 c.c.

Secondo la giurisprudenza di legittimità, il datore di lavoro, pur tenuto al versamento del contributo al Fondo Tesoreria, non perde la titolarità passiva dell’obbligazione di corrispondere il TFR e, conseguentemente, il lavoratore è legittimato a chiedere l’ammissione allo stato passivo del datore di lavoro insolvente delle quote di TFR maturate e non versate al Fondo di Tesoreria.

Pertanto, si possono verificare interazioni tra il Fondo di Tesoreria e l’intervento del Fondo di garanzia.

Inoltre, con il messaggio n. 2057 del 3 febbraio 2012, sono state impartite le istruzioni per l’intervento del Fondo di garanzia nel caso in cui il datore di lavoro insolvente abbia recuperato a conguaglio le quote di TFR versate al Fondo di Tesoreria senza corrisponderle effettivamente al lavoratore, il quale, di conseguenza, ottiene l’ammissione del proprio TFR nello stato passivo. In tal caso, in presenza di tutti i requisiti, la domanda di intervento del Fondo di garanzia sarà accoglibile.

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Modalità di pagamento

L’articolo 2, settimo comma, della legge n. 297/1982, come modificato dall’articolo 97 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, sancisce che le prestazioni del Fondo di garanzia siano pagate con accredito sul conto corrente. Pertanto, nella domanda dovrà essere indicato l’IBAN del conto di accredito, intestato o cointestato al beneficiario della prestazione, erogata tramite Banca d’Italia.

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