Cosa sono e come funzionano i permessi retribuiti della legge 104? In quali casi ne hanno diritto anche i familiari non conviventi?
La legge tutela le persone più fragili concedendo sussidi e agevolazioni che possano arginare le condizioni di difficoltà derivanti da gravi patologie. In tal senso è emblematica la legge 104, vero e proprio testo di riferimento per i diritti delle persone affette da handicap. È in questo contesto che si inserisce il seguente quesito: cosa si intende per assistenza continuativa?
Come vedremo, la “continuità” e la “esclusività” sono presupposti fondamentali affinché un familiare, anche non convivente, possa beneficiare dei permessi lavorativi retribuiti
garantiti dalla sopracitata legge. Ma procediamo con ordine.
Cos’è la legge 104?
La legge 104 sui portatori di handicap contiene le norme fondamentali sui benefici che spettano ai disabili e ai loro familiari chiamati ad assisterli.
Tra le principali agevolazioni ci sono i permessi lavorativi retribuiti, gli sconti sull’acquisto dei beni necessari alla persona con handicap, le facilitazioni per l’abbattimento delle barriere architettoniche, l’esenzione dal pagamento del bollo auto e l’iva agevolata al 4% per l’acquisto o l’adattamento di autoveicoli per disabili motori.
Cosa sono i permessi retribuiti?
L’agevolazione probabilmente più nota concessa dalla legge 104 è quella dei permessi lavorativi retribuiti.
Il riconoscimento dell’handicap grave dà diritto al disabile o ai suoi familiari di godere di una riduzione dell’orario di lavoro senza detrazioni economiche, pari a
due ore giornaliere o tre giorni al mese.
Per i genitori o familiari conviventi che assistano una persona handicappata in situazione di gravità, è possibile avere il diritto:
- ad usufruire di tre giorni di permesso mensile retribuito;
- a scegliere, ove sia possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio e a non essere trasferito senza il proprio consenso [2].
Chi può beneficiare dei permessi retribuiti?
Come anticipato, dei permessi retribuiti possono beneficiare anche i familiari della persona con handicap.
La legge 104 dice che il lavoratore dipendente che assiste persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap abbiano compiuto i 65 anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti, ha diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa.
La legge ha peraltro concesso tale beneficio anche ai familiari non conviventi, purché questi garantiscano un’
assistenza esclusiva e continuata. Vediamo cosa significa.
Cos’è l’assistenza esclusiva e continua?
Affinché il familiare non convivente possa godere dei permessi mensili retribuiti occorre che la sua assistenza al disabile sia:
- esclusiva, nel senso che non deve esserci un’altra persona che si occupa della persona con handicap. Va peraltro precisato che il ricovero a tempo pieno del disabile esclude sempre la possibilità di ricorrere ai permessi retribuiti;
- continua, cioè duratura e costante nel tempo. Deve trattarsi, in altre parole, di assistenza non occasionale.
Il ricorrere di entrambi i presupposti consente al familiare non convivente di poter beneficiare dei permessi retribuiti.
Cosa significa che l’assistenza deve essere continua?
La continuità dell’assistenza non implica che il familiare debba trascorrere l’intera giornata con il disabile senza mai allontanarsi da lui: ciò che è necessario è che le cure siano assicurate e che la persona con handicap non venga abbandonata.
Il familiare potrà quindi
momentaneamente assentarsi, ad esempio per fare la spesa, per pranzare oppure anche per fare una breve passeggiata, non occorrendo la sua presenza h24.
Secondo la Corte di Cassazione, peraltro, nei giorni di permesso l’assistenza, seppure continua, non deve necessariamente coincidere con l’orario di lavoro.
La Corte dice infatti che il lavoratore che chiede i permessi «è libero di graduare l’assistenza al parente secondo orari e modalità flessibili che tengano conto, in primis, delle esigenze dell’handicappato; il che significa che nei giorni di permesso l’assistenza, sia pure continua, non necessariamente deve coincidere con l’orario lavorativo, proprio perché tale modo di interpretare la legge andrebbe contro gli stessi interessi dell’handicappato» [4].
Cos’è il congedo straordinario retribuito?
La convivenza è invece requisito essenziale del congedo straordinario, per mezzo del quale il familiare di persona in stato di disabilità grave può assentarsi dal lavoro per un periodo massimo di due anni, anche frazionato nel tempo.
Il beneficio è accordato a tutti i dipendenti, sia pubblici che privati, e spetta innanzitutto al coniuge (a cui sono equiparati la parte di un’unione civile e il convivente di fatto dichiarato al Comune); solo in mancanza del coniuge o in presenza di sue patologie invalidanti che gli impediscono di prestare cure a propria volta, il congedo tocca ai genitori e, ancora in subordine, ai figli [5].
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