Quota 103 è la misura per la pensione anticipata flessibile disciplinata dall’articolo 1, commi 283 e 284, della legge n. 197 del 22 dicembre 2022 (legge di Bilancio 2023) in vigore per tutto il 2023 (con elevate possibilità che venga confermata anche nel 2024).
È invece la circolare Inps n. 27 del 10 marzo 2023 (che potete scaricare di seguito) a disciplinare le regole di accesso a Quota 103, misura che consente sì il pensionamento anticipato già all’età di 62 anni (anziché 67 anni come previsti dalla pensione di vecchiaia) ma a fronte di un assegno che non può superare un certo limite (5 volte il trattamento minimo).
Con Quota 103 il Governo Meloni ha quindi risposto alle esigenze di quei lavoratori che – orfani di Quota 100 e non ampiamente soddisfatti da Quota 102 – hanno chiesto una strada che consentisse loro di andare in pensione prima rispetto a quanto definito dalla legge Fornero. È bene sottolineare, però, che Quota 103 non cancella la legge Fornero, anche perché dati alla mano il numero dei lavoratori che a oggi hanno approfittato di questa opportunità per anticipare il collocamento in quiescenza è molto più basso rispetto a quello di chi lo ha fatto soddisfando i requisiti ordinariamente richiesti per pensione di vecchiaia e anticipata.
Requisiti
Quota 103 funziona al pari di quanto già fatto con Quota 100 prima e con Quota 102 poi: il diritto alla pensione, quindi, si raggiunge quando la somma tra età anagrafica e contributi previdenziali dà come risultato 103.
L’età minima viene fissata a 62 anni, mentre i contributi minimi richiesti sono pari a 41 anni.
Di fatto, possiamo dire che Quota 103 è nata dall’unione tra Quota 100 e Quota 41: la prima, infatti, consentiva l’accesso alla pensione a 62 anni di età (a fronte però di appena 38 anni di contributi), mentre la seconda, come si intuisce dal nome, con 41 anni di contributi ma indipendentemente dall’età.
Esempi
Ciò significa che se una persona compie 62 anni nel 2023 può andare in pensione solo se nel frattempo ha raggiunto 41 anni di contributi. Si tratta, quindi, di un anticipo di appena 1 anno e 10 mesi rispetto alle regole ordinarie, visto che oggi esiste la pensione anticipata che consente l’accesso alla pensione una volta maturati 42 anni e 10 mesi di contributi (un anno in meno per le donne), indipendentemente dall’età anagrafica.
Pensiamo adesso a una persona che ha 64 anni di età e 39 anni di contributi: in questo caso la somma dà come risultato 103, ma non viene soddisfatto il requisito contributivo minimo che, come visto sopra, viene fissato a 41 anni. Ragion per cui per andare in pensione con Quota 103 bisognerebbe comunque lavorare per almeno altri 2 anni, o in alternativa l’unica possibilità è attendere il compimento dei 67 anni di età così da accedere alla pensione di vecchiaia.
Finestra mobile
Anche Quota 103, al pari di Quota 100 e 102, ma anche della pensione anticipata, presenta una finestra mobile. Ciò significa che dalla maturazione dei requisiti alla data effettiva del pensionamento dovrà trascorrere un certo periodo, variabile tra lavoratori privati e pubblici.
Nel dettaglio:
- gli iscritti alle gestioni dipendenti del settore privato che maturano i requisiti per Quota 103 entro il 31 dicembre 2022 accedono alla pensione da aprile 2023. Per chi li matura successivamente vi è una finestra mobile trimestrale;
- i dipendenti pubblici che maturano i requisiti per Quota 103 entro il 31 dicembre 2022 accedono alla pensione da agosto 2023. Per tutti gli altri la finestra mobile è semestrale, ma in ogni caso l’accesso alla pensione non può avvenire prima della suddetta data.
Inoltre, i dipendenti pubblici devono presentare la domanda di pensionamento con almeno 6 mesi di preavviso alla propria amministrazione di appartenenza.
Andare in pensione con Quota 103 penalizza comunque l’assegno
Una tale misura non prevede penalizzazioni, tuttavia già il solo fatto che si va in pensione prima comporterà una riduzione dell’assegno. Questo perché il sistema di calcolo contributivo, che si applica per i contributi che riferiscono al periodo successivo all’1 gennaio 1996, tende a sfavorire coloro che anticipano l’accesso alla pensione applicando loro un coefficiente di trasformazione – ossia quel parametro con cui il montante contributivo accumulato si trasforma in assegno di pensione – più svantaggioso.
Basti pensare che per chi va in pensione a 67 anni il coefficiente è del 5,72%%, mentre a 62 anni, ad esempio, è del 4,88%%.
Come dire che un montante contributivo di 200.000 euro a 67 anni garantirebbe una pensione annua da 11.440 euro, mentre a 61 anni di appena 9.760 euro, con una riduzione quindi di circa 1.680 euro.
Ecco perché anche consigliamo di fare un’attenta valutazione prima di accedere a Quota 103 visto che anticipare di troppo l’accesso alla pensione potrebbe incidere significativamente, e negativamente, sull’importo dell’assegno.

Incentivo per chi rinuncia a Quota 103
A tal proposito, è bene ricordare che per coloro che pur soddisfando i requisiti di accesso a Quota 103 decidono di continuare a lavorare scatta la possibilità di richiedere all’Inps un bonus in busta paga.
In sostanza, il lavoratore riceve negli ultimi anni che lo separano dalla pensione un bonus pari all’importo dei contributi che avrebbe dovuto versare all’Inps, ma solo per la parte che grava sul lavoratore (pari quindi al 9,19% per i dipendenti del settore privato e all’8,80% nel pubblico impiego). Tuttavia, il minor accredito contributivo comporterà una riduzione della pensione futura.

Limite importo percepibile
Altra novità, riguarda un importo limite di pensione. Per chi va in pensione con Quota 103, infatti, l’assegno non potrà avere un importo superiore di 5 volte il trattamento minimo, quindi poco meno di 2.820 euro.
L’importo pieno, se superiore al suddetto limite, verrà erogato solamente una volta raggiunti i requisiti ordinariamente richiesti per l’accesso alla pensione.
Quota 103 e divieto di cumulo con attività lavorative
Così come per Quota 100 e Quota 102, anche Quota 103 vieta il cumulo tra pensione e redditi da lavoro fino al raggiungimento dei requisiti previsti dalla pensione di vecchiaia, quindi fino al compimento dei 67 anni di età. L’unica eccezione è rappresentata dai redditi provenienti da attività di lavoro occasionale, nel limite di 5.000 euro l’anno.
Si tratta di un meccanismo che serve per evitare che chi sceglie di andare in pensione in anticipo possa poi riprendere a lavorare. D’altronde l’intento del governo è di utilizzare tale misura per favorire il ricambio generazionale nel mercato del lavoro.