Cesare Treccarichi
Il ministero dell’Economia e della finanza ha ammesso gli effetti positivi della legge Fornero di riforma delle pensioni. Dopo le critiche degli ultimi anni alla ministra firmataria della legge la notizia è curiosa, ma si carica di un significato politico se si considera che l’attuale ministro dell’Economia del governo Meloni è il leghista Giancarlo Giorgetti. Proprio il partito di Matteo Salvini è sempre stato tra i più critici della riforma Fornero a cui ha poi opposto la propria misura identitaria sul tema: Quota 100.
Ora nel documento di economia e finanza del governo di centrodestra arriva, a sorpresa, un giudizio positivo su una delle leggi più criticate degli ultimi anni, mentre aumentano le preoccupazioni per la tenuta futura del sistema pensionistico, anche a causa di Quota 100.
Le pensioni del futuro: il sistema è in bilico
In base allo scenario previsto nella Nadef 2023 del governo Meloni, la spesa dello Stato per le pensioni aumenterà sempre più nei prossimi anni. Come si vede dal grafico sottostante, secondo i dati del Mef elaborati da Today.it il 2024 è l’anno del picco del prossimo triennio: l’aumento rispetto al 2023 è di oltre 20 miliardi, che si traduce un esborso totale di 317,4 miliardi di euro, dunque impegnati solo per le pensioni. Per avere un’idea dell’ordine di grandezza, la manovra finanziaria del 2023 sarà all’incirca di 25 miliardi.
La spesa si manterrà appena al di sotto del 16% del Pil dal 2025. Il motivo dell’aumento è anche da ricercare nell’inflazione, che rivede al rialzo gli aumenti a causa del meccanismo di indicizzazione. Ma non solo: bisogna considerare gli interventi degli ultimi anni, le varie “Quote” che hanno evitato un ritorno alla legge Fornero, con un indiziato particolare: Quota 100.
La Nadef di Giorgetti che elogia la Fornero
Secondo i dati presentati nella Nadef, nei prossimi anni lo Stato continuerà a spendere di più per le pensioni per tre motivi principali:
- Graduale invecchiamento della popolazione dovuta a meno nascite;
- Inflazione;
- Funzionamento del sistema pensionistico deciso dalla politica.
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Negli ultimi anni delle leggi hanno però provato a migliorare la situazione: “Si fa riferimento, in particolare, all’applicazione del regime contributivo (legge n. 335/1995) e alle regole introdotte nel 2004, nel 2010 e successivamente con la legge n. 214/2011 che, elevando i requisiti di accesso per il pensionamento di vecchiaia e anticipato, hanno migliorato in modo significativo la sostenibilità del sistema pensionistico nel medio-lungo periodo, garantendo una maggiore equità tra le generazioni”, si legge nella Nadef del governo Meloni. E la legge n. 214/2011 è proprio quella che poi è stata conosciuta come “legge Fornero”.
La carica di Quota 100
La Nadef non solo sottolinea gli effetti positivi della Fornero, ma mostra anche l’effetto negativo sui conti di “Quota 100”, la misura voluta dalla Lega nel 2019 che però ha influenzato anche gli anni futuri. “Come previsto dal D.L. n. 4/2019, il canale di pensionamento anticipato Quota 100 riguarda i soggetti che hanno maturato i requisiti al 31 dicembre 2021. Tuttavia – si legge nella Nadef – anche gli anni successivi al 2021 risentono degli effetti di questa misura, sia per il carattere pluriennale del periodo di anticipo del pensionamento consentito dalla misura, sia in quanto i soggetti eleggibili che hanno maturato i requisiti nel triennio 2019-2021 ma che non hanno acceduto al pensionamento in base a Quota 100 entro il triennio 2019-2021, ovvero alla prima scadenza utile, conservano in ogni caso anche negli anni successivi il diritto al pensionamento con il più favorevole regime”.
Quota 100 prevedeva la possibilità di andare in pensione per coloro che avessero maturato i requisiti nel triennio 2019-2021 a 62 anni di età e 38 anni di contributi. Di contro, la legge voluta dall’ex ministra del lavoro e delle politiche sociali del governo Monti, Elsa Fornero, fissa a 67 anni l’età di pensionamento, anticipabile – con un taglio dell’assegno – per gli uomini con alle spalle almeno 42 anni e 10 mesi di contributi e per le donne con 41 anni e 10 mesi. Dopo l’adozione di Quota 100 sono arrivate altre “Quote” temporanee per “scongiurare il ritorno alla Fornero”, rimandata di anno in anno. Ma la Nadef sottolinea che anche queste misure non sono favorevoli al bilancio statale.
Le pensioni, zavorra sui conti dello Stato: occhi al 2030
Gli effetti sui conti futuri non sono causati solo da Quota 100, ci sono anche le altre “quote” da considerare: “A questi effetti si sommano anche quelli dovuti alla possibilità di accedere al pensionamento anticipato per i soggetti che maturano i requisiti di 64 anni di età e 38 anni di contributi nel 2022 – Quota 102 – prevista dalla legge di bilancio 2022, nonché per i soggetti che maturano i requisiti congiunti di 62 anni di età e 41 anni di contributi nell’anno 2023 – Quota 103 -. Tali effetti sono, peraltro, significativamente più contenuti in ragione dei più elevati requisiti, della limitata durata temporale e, in particolare, dell’applicazione di Quota 100 che ha consentito un significativo accesso al pensionamento nel periodo precedente”, la precisazione della Nadef.
Come si vede dal grafico del Ministero dell’Economia, dal 2025 in poi il livello della spesa per le pensioni rimane sostanzialmente stabile fino al 2029. Dal 2030 la situazione peggiora e rapporto tra spesa e Pil riprende ad aumentare fino a raggiungere il 17 per cento nel 2042. Per il Mef la “dinamica è essenzialmente dovuta all’incremento del rapporto fra numero di pensioni e numero di occupati indotto dalla transizione demografica, solo parzialmente compensato dall’innalzamento dei requisiti minimi di accesso al pensionamento”. In sintesi, l’aumento di spesa dovuto a un numero più alto di pensionati supera di gran lunga gli effetti positivi del passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo.
Sulle pensioni suona un nuovo allarme: la data cerchiata in rosso
Non è ancora chiaro come verrà riformato il sistema, ma di tornare alla Fornero per il governo non se ne parla e per il 2024 è attesa la conferma di Quota 103: potrà andare in pensione chi matura 62 anni di età e 41 anni di contributi nell’anno 2023, con un posticipo della decorrenza di tre mesi per i lavoratori dipendenti privati e di sei mesi per i lavoratori dipendenti pubblici. Per quanto riguarda le lavoratrici è invece allo studio una “Quota 84”.
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