1) Per noi donne ora è un arrivo la pensione anticipata? 2) Il posto ce l’ho ma lo stipendio non mi consente di vivere 3) Il colloquio è andato male eppure avevo i requisiti giusti 4) Assegno di inclusione: quanti si sono registrati 5) Come si finisce in mobilità: l’azienda può scegliere a piacimento?
1) PER NOI DONNE ORA È IN ARRIVO LA PENSIONE ANTICIPATA?
È vero che per noi donne è in arrivo un provvedimento che ci può consentire di andare in pensione prima rispetto ai tempi in vigore? Non sarebbe male, ma come stanno davvero le cose?
Carla Garofalo – Per e-mail da Roma
In vista dell’approvazione definitiva della Legge di Bilancio, di ipotesi in tutti i campi ne circolano parecchie. Alcune sono dei “ballon d’essai” dei partiti che formano la maggioranza, più o meno in linea con le promesse fatte in campagna elettorale. Altre rispondono alle esigenze di una società che è in profonda trasformazione.
La possibilità per le donne di uno scivolo pensionistico a 61 anni ha preso a circolare con una certa insistenza da un paio di settimane. In sostanza, ci sarebbe la possibilità di ricevere un’indennità di accompagnamento verso la pensione a partire dai 61 anni anziché dai 63 com’è attualmente. Ciò varrebbe per le donne con una situazione di disagio, per quelle che sono state licenziate e per le lavoratrici impegnate in attività gravose. Il numero dei contributi richiesto oscillerebbe tra i 28 e i 30 anni al posto dei 35 di oggi.
Secondo questa ipotesi, non si andrebbe automaticamente in pensione ma si riceverebbe – in attesa di raggiungere i requisiti per la pensione di vecchiaia – un’indennità di accompagnamento erogata dall’Inps pari all’importo della rata mensile della pensione calcolata al momento della richiesta che, comunque, non può superare i 1.500 euro lordi al mese non rivalutabili.
Questa norma entrerà nella Manovra? Non si può ancora dire perché, come è noto, i soldi a disposizione sono sempre di meno. Come ha detto il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, con il rialzo dei tassi “ci saranno a disposizione 14-15 miliardi di euro in meno”. Insomma, la coperta è corta è molte aspettative sono destinate ad andare deluse.
2) IL POSTO CE L’HO MA LO STIPENDIO NON MI CONSENTE DI VIVERE
Non ne posso più delle tante parole che ormai mi piovono addosso da ogni parte e su qualsiasi argomento. Gran parte dei notiziari televisivi sono inguardabili e i titoli di molti quotidiani non fanno altro che riflettere il pensiero del partito di riferimento, rinunciando al ruolo di intermediazione che dovrebbe essere alla base di una stampa libera.
Dico questo perché mentre si discute dei massimi sistemi e, negli ultimi tempi, di come rinchiudere nei moderni campi di concentramento quei poveracci che arrivano dall’Africa, gli stipendi di molti lavoratori sono indecenti. In che razza di Paese siamo costretti a vivere?
D. B. – Per e-mail da Roma
In effetti, l’Italia è il Paese dove non solo gli stipendi sono tra i più bassi d’Europa ma dove negli ultimi anni sono addirittura diminuiti. Che il lavoro sia povero non è più un mistero tanto che, secondo uno studio recente riguardante il Lazio, 400.000 persone, pure avendo un impiego e un contratto a tempo indeterminato, guadagnano meno di 15.000 euro l’anno, cioè 900 euro netti al mese con cui pagare l’affitto, mangiare, affrontare eventuali spese mediche, e così via.
A Roma, questa situazione coinvolge il 25% degli occupati. Più costrette alle basse retribuzioni sono le donne (53%) seguite dagli under 35 (41%). Da segnalare, inoltre, che vengono spesso proposti contratti della durata di solo un giorno (in particolare nel mondo dello spettacolo).
Tutto sommato, il lettore ha ragione: ascoltando i tg e leggendo i giornali (fortunatamente non tutti) sembra di vivere in un altro Paese.
3) IL COLLOQUIO È ANDATO MALE EPPURE AVEVO I REQUISI GIUSTI…
Ho affrontato un colloquio di lavoro il cui esito, purtroppo, è stato negativo. Siccome avevo il titolo di studio giusto, l’età richiesta e la massima disponibilità, ho cercato di scoprire i motivi del “no”, magari per non ripetere lo stesso errore nell’eventualità di un’altra circostanza.
L’ufficio del personale, dopo qualche resistenza, mi ha fatto capire che non sono state ritenute idonee alcune risposte. In particolare, quella su quale incarico mi sarebbe piaciuto ricoprire in quell’azienda. Per non sbilanciarmi ricordo di essere stato poco preciso…
Aldo Rinaldi – Per telefono da Anzio
È una domanda “tranello” che viene fatta spesso perché ha uno scopo preciso: far cadere in contraddizione l’interlocutore per scoprire le sue vere intenzioni.
Accade, infatti, che il candidato, per non perdere l’occasione, cominci di solito a proporsi per tutti i ruoli possibili, nell’intento di accreditarsi come uno la cui disponibilità è massima.
Ma è un errore. Meglio puntare su una sola alternativa, il più possibile affine con la posizione oggetto del colloquio. È quella posizione di cui c’è bisogno e all’azienda fa piacere trovare candidati fortemente motivati a svolgerla.
Da evitare, quindi, risposte tipo: “Qualunque impegno”, “Non so, ditemi voi”. Nemmeno dire: “Fra cinque anni mi vedo nello stesso lavoro”, in quanto le aziende desiderano che il dipendente si sviluppi professionalmente e renda sempre di più. Quindi mettere sul tappeto quegli elementi in grado di assicurare al selezionatore l’effettiva volontà di svolgere la mansione ricercata anche in futuro ma con responsabilità crescenti.
4) ASSEGNO DI INCLUSIONE: QUANTI SI SONO GIÀ REGISTRATI
Da poche settimane si può fare domanda per ricevere l’assegno di inclusione che ha preso il posto del reddito di cittadinanza. Dopo le notizie apparse tra le fine di agosto e l’inizio di settembre a ridosso dell’avvio del provvedimento, non si è saputo più nulla, almeno leggendo i giornali.
Mi piacerebbe sapere come sta funzionando questa nuova formula di sussidio e se sono previste delle correzioni migliorative. Sono tra coloro che non rimpiangono il Rdc ma sono convinto che l’assegno di inclusione non serva a risolvere i problemi di chi non ha più un reddito per tirare avanti.
Mauro Federici – Per telefono da Roma
Il 19 settembre il ministero del Lavoro e delle politiche sociali ha reso noto che le domande già acquisite dal nuovo Sistema per l’inclusione sociale e lavorativa (Siisl), al quale si può accedere tramite il portale dell’Inps (www.inps.it), erano 63.423.
Possono iscriversi gli ex percettori del reddito di cittadinanza fra i 18 e i 59 anni privi di una condizione di fragilità, che fanno parte di uno stesso nucleo familiare. I beneficiari sono tenuti: a) ad accettare un’offerta di lavoro a tempo indeterminato, senza limiti di distanza nell’ambito del territorio nazionale; b) ad accettare un’offerta di lavoro a tempo pieno o a tempo parziale non inferiore al 60 per cento dell’orario a tempo pieno; c) ad accettare un’offerta di lavoro che preveda una retribuzione non inferiore ai minimi salariali previsti dai contratti collettivi; d) ad accettare un’offerta di lavoro a tempo determinato qualora il luogo di lavoro non disti più di 80 chilometri dal domicilio.
Sono previsti progetti di formazione, qualificazione e riqualificazione professionale, di orientamento e di accompagnamento al lavoro. In attesa che una di queste proposte si formalizzi, il soggetto interessato riceverà un’indennità di 350 euro mensili per una durata che non può superare i 12 mesi.
Possono presentare domanda anche le famiglie che hanno tra i componenti soggetti disabili, over 60 e minori. In questo caso l’incentivo è di 500 euro per 18 mesi, che può essere rinnovato per altri 12 mesi dopo un mese di sospensione.
Del Rdc ne beneficiavano più di 2,5 milioni di persone. La differenza numerica con l’assegno di inclusione è evidente. A tutto vantaggio delle casse dello Stato ma mettendo in difficoltà tutti coloro che avranno problemi a usufruire del nuovo incentivo. Come ha detto il sindacato Cgil, in questo modo “il governo fa cassa sulla povertà”. Si vedrà più avanti quando si potrà fare il confronto con dati più completi.
Il Siisl è operativo dal 1° settembre. Il reddito di cittadinanza andrà avanti fino al 1° gennaio 2024 ma in tanti hanno già ricevuto la comunicazione di disdetta.
Per leggere il testo integrale del decreto del ministero del Lavoro, con tutti i particolari della norma, clicca qui.
5) COME SI FINISCE IN MOBILITÀ: L’AZIENDA SCEGLIE A PIACIMENTO?
Esistono dei criteri nella scelta dei lavoratori da mettere in mobilità? Oppure è l’azienda che decide in piena autonomia di giudizio?
L. S. – Per telefono da Roma
Naturalmente esistono dei parametri che devono essere rispettati, pena il ricorso ai sindacati e alla magistratura del lavoro.
In particolare, la scelta deve avvenire in relazione alle esigenze tecnico-produttive e organizzative dell’azienda e nel rispetto dei criteri previsti dai Ccnl. Spetta dunque alla contrattazione collettiva individuare i limiti entro i quali il datore di lavoro può esercitare il diritto di scelta. In mancanza di disposizioni contrattuali, si dovrà ricorrere ai seguenti criteri, in concorso tra loro: carichi di famiglia, anzianità e – appunto – quelle esigenze tecnico-produttive e organizzative di cui si e appena detto.
Nel caso in cui il licenziamento venga dichiarato illegittimo dal giudice, scatta la reintegrazione del lavoratore nel posto precedentemente occupato.