Le tappe di una carriera che sembrava non dover decollare mai.
Arrivati al termine del 2023, è possibile inserire Federico Dimarco senza timore di smentita tra i migliori laterali mancini del calcio europeo. Un titolo platonico che arriva dopo una stagione 2022/23 da assoluto protagonista, culminata con una finale di Champions League di ottimo livello, dopo tanti assist, tante giocate di qualità e gol pesanti che gli hanno consegnato le chiavi della sua squadra del cuore e, di riflesso, l’amore dei tifosi nerazzurri. Eppure sono stati davvero tanti i momenti in cui in molti avevano pensato che Dimarco potesse essere un bluff, un fuoco di paglia, un giocatore fumoso o, nel migliore dei casi, un ottimo calciatore per una squadra da metà classifica. Il numero 32 dell’Inter condivide con Rkomi l’infanzia trascorsa a Calvairate, ma è un pezzo di un cantautore cresciuto in un altro quartiere di Milano, Fabio Rizzo da Barona in arte Marracash, a riassumere efficacemente la sua storia: se Dimarco è arrivato in alto, è anche perché è stato bravo a cadere.
Coppa Devis
Il nome di Federico Dimarco (cognome che per anni verrà scritto staccato, come Di Gregorio o Di Natale) inizia a circolare tra gli addetti ai lavori nel 2015, quando l’allora diciottenne terzino sinistro si aggiudica da titolare il Torneo di Viareggio con la maglia dell’Inter, assieme a Federico Bonazzoli e Assane Gnoukouri. Roberto Mancini, che qualche mese prima gli aveva regalato l’esordio da professionista in Europa League contro il Qarabag, lo porta in prima squadra senza però mai dargli spazio, così a metà stagione Dimarco finisce in prestito all’Ascoli in Serie B. Nelle Marche il ragazzo incontra quello che può essere ritenuto il suo primo, vero mentore: Devis Mangia, che lo piazza immediatamente nel suo 11 titolare senza toglierlo mai, impiegandolo da terzino sinistro alle spalle di Jankto oppure da esterno a tutta fascia, spostando il ceco in avanti. Alla sua prima stagione da titolare, Dimarco non delude le attese, servendo 4 assist in 17 presenze e rientrando alla base convinto di potersi giocare le sue chance in nerazzurro.
Nell’estate del 2016 per Dimarco arriva anche la prima ribalta continentale: al mondiale Under 20 è il trascinatore della nazionale di Vanoli, stella della squadra davanti a Locatelli, Barella e Meret, nonché capocannoniere azzurro con 4 reti, tre su rigore e una realizzata con una bellissima punizione in semifinale contro l’Inghilterra. Il sogno degli azzurrini si infrange in finale contro la Francia di Mbappé e Augustin, che passeggia sugli azzurri con un 4-0 ma il nome di Dimarco comincia a diventare molto chiacchierato: la Serie A è pronta ad accoglierlo.
Coniglio Pasqual
Quando il primo luglio 2016 l’Inter ufficializza la cessione di Dimarco in prestito secco all’Empoli, sono in molti ad alzare ancelottianamente il sopracciglio. Mancini, che di lì a un mese risolverà il suo contratto con l’Inter, non lo vede nella sua rosa, preferendogli Nagatomo, il nuovo acquisto Ansaldi e il redivivo Santon, così dà alla società il via libera per il prestito; allo stesso tempo, visto l’approdo a Empoli di Manuel Pasqual, la destinazione scelta dai nerazzurri per permettere al talento di Dimarco di sbocciare definitivamente non appare tra le più appropriate. Il calcio, si sa, è fatto di sorprese, ma la stagione 2016/17 va esattamente com’era lecito attendersi: l’Inter fatica nel trovare un interprete affidabile per il ruolo di laterale difensivo di sinistra e Dimarco, in Toscana, raccoglie le briciole lasciate dall’esperto ma ancora affidabile Pasqual, collezionando la miseria di 6 presenze da titolare e 6 da subentrato.
Le prime uscite da titolare di Dimarco in maglia empolese sono in realtà buone, il tecnico Martusciello lo lancia nella mischia in trasferte importanti come Udine, Napoli e Bergamo, oltre alla gara del Castellani contro la sua Inter, ricavandone prestazioni incoraggianti, ma senza mai permettergli realmente di contendere a Pasqual il posto da titolare nel lungo periodo. A inizio girone di ritorno, Dimarco è titolare nel disastroso scontro salvezza con il Crotone, perso 4-1 ma in cui, in realtà, è tra i migliori dei suoi, mentre nella successiva trasferta contro l’Inter uscirà nettamente sconfitto nel duello con Candreva. L’unica vera battuta a vuoto della stagione coincide con la sua ultima gara da titolare: da metà febbraio a fine maggio Dimarco non arriva a 90′ giocati, spalmati su 5 partite, a fine stagione l’Empoli retrocede e il terzino torna in mano all’Inter.
Lost in translaSion
Basta una parentesi sfortunata per sacrificare un ragazzo sull’altare del sacro Dio delle plusvalenze? Evidentemente sì, soprattutto se alle tue spalle c’è un minaccioso spettro di nome Fair Play Finanziario. Certo è che la cessione dell’ancora ventenne terzino, che si accasa in Svizzera al Sion per meno di 4 milioni di euro, non suscita esattamente l’entusiasmo del popolo nerazzurro, soprattutto di fronte all’arrivo di Dalbert dal Nizza per 20 milioni, cifra che oggi sembra uno scherzo di cattivo gusto ma che ai tempi appariva quasi sensata per un laterale sinistro reduce da un’ottima stagione. La storia non è così lineare, da alcune dichiarazioni dello stesso Dimarco si evince come l’Inter avesse su di lui diritto al controriscatto, vincolo che ai tempi non impediva alle società di registrare una plusvalenza a bilancio, ma sono cavilli che lasciamo ai contabili, a noi interessa l’avventura di Dimarco, in realtà decisamente breve, in terra elvetica.

L’esperienza svizzera di Dimarco è di fatto compromessa dopo appena 40′, quelli che bastano nella partita d’esordio contro il Thun per fratturarsi il quinto metatarso, intoppo che lo terrà ai box da luglio a novembre. Un po’ per le scorie dell’infortunio, un po’ per il cambio di guida tecnica in seguito alle sconfitte in serie inanellate dall’allenatore spagnolo Gabri (a sua volta subentrato a Tramezzani), Dimarco chiude la stagione da riserva dell’albanese Lenjani, con 9 presenze e 2 assist. Le vie del mercato sono infinite, la velocità con cui i club italiani cambiano idea ancor di più: nonostante l’annata decisamente negativa, l’Inter nel luglio 2018 riacquista Dimarco dal Sion per 5 milioni di euro.
Figliol prodigio
Ad Appiano Dimarco trova Luciano Spalletti, suo futuro allenatore in maglia azzurra, ma il terzino all’Inter è soltanto di passaggio e dopo neppure un mese viene spedito ancora una volta in prestito, questa volta al neopromosso Parma di D’Aversa che sorprenderà tutti chiudendo al 14^ posto. Come a Empoli, Dimarco trova una piccola istituzione del ruolo davanti a sé, il veterano Massimo Gobbi, ma D’Aversa sembra tenerlo in grande considerazione e, dopo i 10′ contro la Spal alla seconda giornata di campionato, lo manda in campo a inizio ripresa a San Siro contro l’Inter, in una gara sin lì bloccata sullo 0-0. Quel che accade di lì a poco è una piccola, grande pagina della storia recente della Serie A. Minuto 79, Dimarco (sin lì autore di una buona prova con alcuni salvataggi importanti) intercetta una spazzata di Brozovic insolitamente corta, si allunga palla fino ai 30 metri dalla porta difesa di Handanovic e lascia partire un potente mezzo esterno. La palla assume una traiettoria illeggibile, sembra diretta verso il centro della porta, poi vira decisamente verso il palo lontano, Handanovic non può che guardarla morire in rete. Federico Dimarco, che esulta togliendosi la maglia, ha appena condannato la sua squadra del cuore alla sconfitta con uno dei gol più belli della stagione.
Sembra il preludio del suo riscatto, invece le peripezie del mancino di Calvairate sono ben lungi dal concludersi: la settimana seguente D’Aversa lo premia con la prima da titolare, al Tardini contro il Cagliari, Dimarco lo ripaga propiziando il gol di Inglese ma di lì a poco sarà costretto a un nuovo, lungo stop, stavolta a causa del distacco miotendineo di adduttori e addominali di destra, infortunio che lo costringerà ad operarsi e lo terrà fuori sostanzialmente sino a marzo, rimpiazzato sulla fascia dall’adattato ma efficace Riccardo Gagliolo. La ripresa non è semplice, nel 4-1 dell’Olimpico contro la Lazio viene messo sotto da Marusic, ma D’Aversa insiste su di lui impiegandolo da titolare in 6 delle ultime 8 gare stagionali. La condizione fisica di Dimarco migliora, ma la brillantezza nel calcio che lo ha sempre contraddistinto tarda a riemergere, tanto che all’Europeo Under 21 dell’estate 2019, in cui l’Italia viene eliminata al primo turno, risulta tra i peggiori degli azzurrini, perdendo addirittura il posto da titolare nell’ultima gara del girone in favore di Giuseppe Pezzella.
Ivan & Ivan
A far svoltare in modo definitivo la storia calcistica di Federico Dimarco sono due Ivan: uno in modo diretto e consapevole, l’altro quasi incidentalmente, di certo senza rendersene conto. Il primo e più importante è ovviamente Ivan Juric, che chiama Dimarco a Verona dopo una mezza stagione con Conte da riserva sia di Biraghi che di Asamoah; i 24 minuti giocati tra agosto e gennaio testimoniano meglio di qualsiasi altra cosa come il ragazzo fosse completamente fuori dai piani del tecnico nerazzurro, senza alcuna possibilità di scalare le gerarchie. Anche al Bentegodi Federico sembra dover giocare a singhiozzo, poi il campionato di Serie A di ferma a causa del Covid, e alla ripresa di giugno Dimarco inizia pian piano a guadagnarsi il suo spazio: 45′ da titolare col Parma, 23′ da subentrato a Brescia, una nuova sfida contro l’Inter in cui il ragazzo serve l’assist per Lazovic contribuendo al 2-2 finale, l’alternarsi col serbo e con Faraoni nelle ultime gare stagionali, la posizione inedita di braccetto difensivo di sinistra nelle ultime due giornate, mattonella dalla quale Dimarco serve due assist nel 3-0 contro la Spal.
Se la prima mezza stagione a Verona è quella del rodaggio, il campionato 20/21 è quello della verità: complice la precaria condizione fisica di Lazovic, Dimarco parte da esterno sinistro titolare dell’Hellas ed è protagonista di un girone d’andata travolgente, con 3 assist e 3 reti, tutte da ricordare: contro il Toro sembra van Basten con l’URSS visto allo specchio, col Crotone il suo esterno sinistro è tanto delicato quanto chirurgico, nel roboante 3-1 contro il Napoli lancia la rimonta dei suoi con un inserimento più da mezzala che da terzino, andando a segnare nientemeno che di destro al volo. Complice il rientro di Lazovic e il conseguente spostamento sulla linea dei tre difensori, il girone di ritorno di Dimarco è meno abbagliante, pur costellato da qualche perla come il mancino da fuori ancora contro il Torino, ma racconta di un calciatore diventato via via più completo dal punto di vista difensivo.
Ci siamo dimenticati di un Ivan? Assolutamente no, ma andiamo con ordine: la formula con cui l’Inter in estate aveva ceduto Dimarco all’Hellas era quella del prestito con diritto di riscatto a 6,5 milioni di euro, una cifra che appare ridicola dopo quanto messo in mostra dal ragazzo a Verona, non sembra esserci alcun tipo di opzione e tutti gli addetti ai lavori sono praticamente certi del riscatto del calciatore, in quel momento facilmente cedibile a più del doppio della spesa. Però succede che l’Inter, campione d’Italia uscente, chieda al Verona di rinunciare a Dimarco, offrendosi di compensare con i prestiti di altri calciatori quali Radu e Salcedo; i due alla fine non arriveranno, ma in casa Hellas i soldi destinati al riscatto dell’esterno finiscono sulla sponda azzurra di Manchester per un altro riscatto, quello di Ivan Ilic. In qualche modo i nerazzurri riescono nel loro intento, e Dimarco non può che ringraziare l’ormai ex compagno che gli offre l’assist più ghiotto della sua carriera, quello che gli servirà per diventare, finalmente, profeta in patria.
Asso di Bastoni
Se Pasqual prima e Gobbi poi hanno intralciato il cammino di Dimarco verso la titolarità indiscussa, alla prima vera stagione in maglia nerazzurra il biondo difensore trova davanti a sé una vera e propria montagna da scalare, nonché il terzo Ivan della sua storia: Perisic è reduce da una stagione da eroe omerico nell’Inter scudettata di Conte, l’avvicendamento in panchina tra l’ex bianconero e Simone Inzaghi non ne intacca minimamente lo status, sulla fascia sinistra gioca lui. Qui a Dimarco torna utile il vestito cucitogli addosso da Juric, quello da centrale di sinistra della retroguardia a 3 con compiti di regia, casella in cui inizia ad alternarsi con l’altro mancino della difesa dell’Inter, Alessandro Bastoni, in possesso anch’egli di un buon piede ma senza la vastità di soluzioni che Dimarco può vantare. Il 12 settembre 2021 arriva finalmente, a 17 anni dal suo ingresso nelle giovanili nerazzurre, il primo gol da professionista di Federico Dimarco con la maglia dell’Inter, nel 2-2 di Marassi contro la Sampdoria.
A gennaio l’Inter acquista Robin Gosens dall’Atalanta e lo spazio per Dimarco in fascia sembra ridursi ulteriormente: l’ex Verona viene spostato in pianta stabile nei tre dietro nel girone di ritorno e chiuderà la stagione con quasi 1900 minuti giocati, semi-titolare di una squadra che si vede sfilare lo scudetto dai cugini milanisti. Con Perisic a fine contratto che saluta Milano tra abbracci e lacrime, la sensazione è che Dimarco possa sdoppiarsi alternandosi sia con Bastoni dietro che con Gosens sulla fascia, ma il tedesco non convincerà mai appieno, complici le scorie di un infortunio: è l’ultima sliding door della carriera di Dimarco, che si impadronirà della corsia mancina dell’Inter senza mollarla più. Il resto è storia recente, una storia che continua ad appassionarci settimana dopo settimana e che parla di un ragazzo che, dopo tante (dis)avventure, ogni giorno corona il suo sogno, difendere i colori della sua squadra del cuore.