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In gita con “Il Secolo XIX”. Prosegue il viaggio alla scoperta della Liguria meno conosciuta, quella che si può trovare anche a una distanza relativamente vicina alla costa e alle mete balneari più famose e frequentate da migliaia di turisti. Possono bastare poche decine di chilometri per trovare ambienti naturali, storie e persone in grado di scatenare l’interesse, la curiosità, la meraviglia. Ecco una nuova meta che vale il viaggio.

Borlasca – Prima del 1853 percorrere i 166 chilometri che separano Genova da Torino comportava sei giorni di viaggio sui carri trainati dai cavalli, un lentissimo incedere interrotto dalle soste nelle stazioni di posta. Dopo il 1853 quel tempo di percorrenza si è ridotto a sei ore. È stato l’inizio dell’affermazione del porto di Genova. Un cambiamento segnato dall’inaugurazione della ferrovia voluta e finanziata dal governo sabaudo.

Così eccoci qui nella Valle Scrivia ancora (per poco) ligure, con la strada ferrata che scorre ancora sulla sponda del torrente come 170 anni fa, nella piccola frazione di Pietrabissara, tappa obbligata prima di dirigerci verso il borgo che rappresenta la nostra destinazione questa settimana: Borlasca.

Pietrabissara sembra quasi la scenografia di un film, quei western in cui le case sono perfettamente allineate ai due lati della strada. Spicca la mole di Palazzo Spinola, edificato nel 1648 come residenza nobiliare.




Un’altra immagine di Borlasca
 

A 500 metri corre il confine con il Piemonte e la località è nota anche per una circostanza singolare: nel luglio 1827 Alessandro Manzoni ebbe un incidente con la carrozza proprio a Pietrabissara, rischiando di cadere in un dirupo giù nello Scrivia.

Stessa sorte toccata anche a qualche viaggiatore che scendeva, dopo il 1853, nella piccola e precaria stazioncina ferroviaria quando il sole era calato, tanto che nel 1977 si decise di spostarla nella posizione attuale, decisamente più sicura.

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Il Comune è quello di Isola del Cantone con la sua sterminata sarabanda di frazioni e frazioncine.

La strada ferrata, una meraviglia dell’ingegneria del tempo, fu subito costruita a due binari, con sbancamenti, scavo di gallerie e costruzione di ponti. Più di trenta sull’intero percorso, spesso dalle architetture ardite e oggi suggestive. Qui intorno ce ne sono almeno quattro. Li incontri spesso, i fotografi appassionati di questo genere di inquadrature, mentre scelgono le posizioni migliori per bloccare nelle loro immagini i treni in transito su questi impressionanti viadotti rossi, che fanno oggi da contrappunto al tracciato dell’A7 sulla sponda opposta. La salita verso Borlasca parte subito con una serie di curve a 90 gradi che lasciano subito presagire il tracciato tortuoso che ci accompagnerà a 515 metri sul livello del mare. Strada impegnativa quanto suggestiva, contornata dalla vegetazione.




A Borlasca i bambini giocano ancora in strada, come riporta l’avviso
 

Per chi abita nella valle Borlasca è un luogo del cuore. Come tutte le località più riservate e appartate ha riscoperto il suo senso più profondo durante il lockdown. Gli abitanti stabili sono una sessantina, ma come sempre accade in questi luoghi sono destinati a moltiplicarsi in progressione geometrica durante i mesi estivi.

Anche queste cifre sono in via di stabilizzazione. Per quel motivo? È una dinamica strettamente connessa con l’emergenza del Covid. Perché durante il periodo scuro dell’emergenza contagio ci sono stati movimenti anche nella demografia dei luoghi. Racconta il sindaco di Isola, Natale Gatto: «Tanti che se n’erano andati, o che avevano una casa lasciata dai genitori o dai nonni, hanno deciso di tornare perché si sentivano più sicuri». Si sono viste opere di ristrutturazione. Si sono viste serrande riaprirsi. Giardini di nuovo curati. Tutto il borgo si presenta oggi ordinato e pulito.

Con il casello dell’autostrada non lontano e la stazione in paese, i disagi della lontananza dai centri più grandi sono limitati. Si può fare. Anche se i disagi persistono. «I problemi delle comunicazioni» spiega ancora il primo cittadino «con le difficoltà di questa autostrada spesso a mezzo servizio». Un’A7 le cui chiusure, nei mesi passati, hanno anche costretto il sindaco a intervenire. A lanciare l’allarme per il passaggio di Tir pesantissimi, durante le chiusure notturne, su ponti collaudati per portate inferiori. Oppure con internet, che in diverse zone fa ancora difetto. A dispetto delle promesse decennali di raggiungere anche le località più piccole e decentrate, magari per permettere a chi può di lavorare tranquillamente da casa. Impegni disattesi. «La questione» insiste Gatto, che è anche coordinatore della consulta dei piccoli Comuni di Anci Liguria «è sempre la stessa: senza connessioni veloci oggi si resta tagliati fuori dal mondo».

Un’occasione perduta anche per chi ha un’attività: «Non esistono solo le grandi aziende. Io penso a chi produce lo sciroppo di rose oppure raccoglie i tartufi: potrebbe stare a buon diritto sul mercato di Internet, invece gli è negato».

Il piccolo cameo di Borlasca immerso nei boschi di castagno si apre all’improvviso davanti agli occhi. Il Piemonte è ancora una volta a un passo: i cartelli indicano come località vicina Voltaggio. Sulle strade, sugli sterrati, sui sentieri.

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La chiesa di Santa Maria, sede della Confraternita, custodisce una replica della tela Martirio di sant’Agnese, dipinta dopo il 1610 e autografa del pittore Camillo Procaccini.

È il cuore pulsante del borgo e sono già iniziati i preparativi del concerto di chiusura della rassegna “Italia vs Spagna”, con i duo violino-chitarra Andrea Cardinale e José Scanu il 19 agosto. È l’ultimo evento del Festival dei Castelli che di qui a Ferragosto proporrà altri tre eventi a Isola.




La chiesa di Santa Maria a Borlasca
 

A Borlasca si mangia bene, il Caminetto è una tappa d’obbligo per i buongustai. È un paese di artisti e di studiosi della storia locale. C’è anche un piccolo ma prezioso museo contadino che è stato realizzato da un ferroviere in pensione, Silvano Bottaro. Ha trasformato la sua antica casa del Settecento in un’esposizione di antichi attrezzi per l’agricoltura, catalogandoli e restaurandoli con maestria.

A Borlasca c’è un castello. Un castello con una torretta ed è l’elemento che spicca subito agli occhi. Perfettamente ristrutturato insieme alle magioni circostanti, è un tratto distintivo.

Ci trascorrono spesso l’estate famiglie americane che scelgono Borlasca per la sua tranquillità e cercano riservatezza. Ma il trait d’union è evidente, perché è un tassello, il più recente, di una storia ben conosciuta.

Sul sito del Centro culturale Isola del Cantone si racconta infatti che Giorgio Ruggerone scrisse un libro su Borlasca, pubblicato postumo. Il capitolo sugli emigranti è di particolare interesse per trarre alcune notizie sul castello con la torretta: è proprietà della famiglia di Angelo Sangiacomo fu Domenico, affermato imprenditore californiano.

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A Borlasca c’è anche un piccolo ma prezioso museo contadino che è stato realizzato da un ferroviere in pensione, Silvano Bottaro, 
qui sopra un particolare (immagine da inchiostrofresco.it)
 

Il padre di Angelo, una volta emigrato in America, trovò lavoro nel servizio municipale di nettezza urbana. Nel 1921 lo raggiunse il fratello Sciandrin con la moglie Lina Affranchino e la figlia Rosetta di appena un anno. Sono le testimonianze dell’immigrazione, fenomeno (lo vedremo) molto diffuso in queste zone. In un altro bel libro, “Storia recente di Isola del Cantone” di Stefano Denegri e Sergio Pedemonte, leggiamo ancora dettagli su questa vicenda storica: «Alcuni fecero fortuna come Angelo Sangiacomo a San Francisco, che acquistò il palazzo con torretta di Borlasca. Nell’Archivio della famiglia Camicio troviamo un suo viaggio a New York nel 1929, a 12 anni, con il padre Domenico, la madre Adelina Affranchino e i fratelli Rosa e Giovanni. I passaporti erano stati rilasciati a San Francisco e, presumibilmente, Domenico Sangiacomo era già cittadino statunitense”. Un altro passo: “Anche Angelo Affranchino, nato nel 1834, è un emigrante da citare: appartenente alla Compagnia di Gesù insegnò inglese, latino e greco al St. Ignatius College di San Francisco».

Giorgio Ruggerone ha lasciato anche un’altra straordinaria documentazione del legame tra questo borgo e la città della California. È il racconto di come visse un emigrante di Borlasca il terribile terremoto del 18 aprile 1906 che distrusse la città di San Francisco.

Il racconto struggente (è facile trovarlo su Youtube) s è contenuto in una lettera che l’uomo scrisse alla madre rimasta, appunto, a Borlasca. Il sindaco Gatto annuisce: «È molto bello che le famiglie originarie di questi luoghi non si siano dimenticate della loro storia e anzi siano tornate a curare le proprietà e a passare del tempo dove sono nati i loro avi».

È davvero un segno, una testimonianza della storia. A Isola ogni anno acquisiscono la nazionalità italiana 30-40 persone e il computo totale arriva a superare quota 600. La legge lo permette. È infatti possibile chiedere il riconoscimento della cittadinanza italiana se si è discendenti di cittadini italiani emigrati all’estero. E se si è, ovviamente, in possesso di documenti che lo comprovino. Parliamo di ius sanguinis.

Sergio Pedemonte è l’instancabile animatore del Centro culturale. È stato presidente di Infrastrutture Liguria, prima responsabile del settore infrastrutturale e strategico in Regione, prima ancora dirigente di Italferr. Ancora una volta, tornano nella nostra narrazione binari e convogli, perché Pedemonte è stato anche project manager nella costruzione di linee ferroviarie. Poi è tornato a vivere nel suo paese natale, Isola del Cantone.

La passione per la ricerca e il passato del territorio non lo abbandona mai. Così nel libro si ricorda anche di un’altra figura storica.

E vale la pena di citarne un passo: «A Borlasca, in località Parigi, vi è una piccola casetta che ospitava il deputato socialista Pietro Chiesa per le sue vacanze. Sulla facciata vi sono state murate due lapidi nel 1953. La sezione del Psi di Isola era intitolata appunto a lui”. Il testo: “In questa umile casa che la calunnia borghese qualificava villa per molti anni abitò nell’estiva stagione Pietro Chiesa, attingendovi novella lena per le ulteriori lotte a pro dei sacrosanti diritti degli uomini del lavoro».

Dal passato al presente, il nostro viaggio si conclude con il ritorno a Pietrabissara. Ancora una volta a osservare la ferrovia. Il progetto accarezzato da tanto è quello di portare in Valle Scrivia un museo dei treni. C’è già qualche ipotesi su quale potrebbe essere la sede. «Rappresenterebbe» spiega ancora il sindaco Gatto «una straordinaria attrattiva. Sono moltissimi gli appassionati, potrebbe diventare un forte volano turistico».

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